Ho pensato parecchio a se scrivere oppure no questo post, se condividere oppure no certi pensieri che si sono materializzati nella mia mente in questi giorni di mini-pausa ferragostana.
Poi ho deciso che forse era il momento giusto di farlo, di far capire una volta per tutte quello che a certe persone proprio non entra in testa...o forse scelgono di non capire perché farlo significherebbe ammettere di aver preso un abbaglio. E sono poche le persone che sanno dire "Mi dispiace, ho sbagliato" quando hanno torto.
So che per molti di voi sono come un cane che si morde la coda, una che torna sempre sugli stessi argomenti, che non guarda avanti, che non riesce ad andare oltre quello che le è successo. Ma in questi mesi ho ricevuto parecchia solidarietà da tante persone che, a differenza mia, hanno scelto di non condividere la loro rabbia e la loro frustrazione per l'infertilità o per la semplice difficoltà di avere figli. Persone che mi hanno ringraziata per le mie parole, che si sono immedesimate in me, in quello che scrivevo e in quello che provavo.
Rispetto la loro decisione di vivere nel privato il loro travaglio e il loro dolore interiore, forse anche mio marito, potendo scegliere, avrebbe preferito che certe cose restassero solo nostre. Ma mio marito mi conosce, mi ama e mi rispetta, e sa che non faccio mai niente senza pensare. E se ho deciso di scrivere quello che stavamo passando, è stato per un bisogno che non poteva essere trattenuto.
So che a mio marito, per quanto non lo ammetterebbe mai nemmeno sotto una tortura simile a quella inflitta ai talebani a Guantanamo, la nostra infertilità ha sempre suscitato una sorta di vergogna. Che poi forse vergogna non è nemmeno la parola giusta. E' più un sentirsi deluso nei confronti di Dio, della vita, del destino, che a noi ha negato per molto tempo una gioia che invece ad altri viene dispensata senza fatica. Quante volte in questi anni gli ho sentito dire "Se stavi con un altro invece che con me avresti avuto da tempo il bambino che ti meritavi". Che poi io non è che mi sento davvero di meritare un bambino più di altri. Quello che vedo intorno a me dice tutto il contrario, ovvero che i bambini non vengono concessi per meritocrazia, quanto più per botta di culo. E sappiamo bene che nella stragrande maggioranza dei casi la fortuna ce l'ha chi non fa nulla per guadagnarsela. Comunque, tornando al sentimento nei confronti dell'infertilità, perché poi di questo si è trattato e tuttora si tratta, ma nella nostra società tanto evoluta (????) pronunciare la parola infertilità equivale a tatuarti sulla fronte la parola "terrorista". Se solo la gente mettesse da parte i pregiudizi e iniziasse a mettere in moto il cervello per capire quanto dolore affronta una coppia che tanto disperatamente cerca un figlio che non arriva, quanti sacrifici, quante rinunce, quanti rospi ingoia, forse la smetterebbe di giudicare a priori. Perché tutto il percorso che si affronta lo si fa per una meta alla quale forse non si giungerà mai. Perché purtroppo i figli per una coppia infertile sono come la lotteria: le possibilità di vincere ci sono, ma potrebbe non toccare a te.
Poi magari hai fortuna, come è capitato a me, ma se sei stato dall'altra parte della barricata e guardi davanti a te il grande e luccicante mondo della gravidanza, credetemi che non la vivrete mai con la totale spensieratezza e ingenuità che invece dovrebbe investirvi da quel primo test positivo, passando per le beta e arrivando poi alla prima ecografia.
Quando mi trovo a parlare con qualche donna incinta che sa delle nostre difficoltà e questa se ne esce dicendo "Mi dispiace", sottintendo "per tutta la fatica che hai fatto", ecco, questa cosa mi fa davvero incazzare. Per cosa ti dispiace? Perché non è capitato a te? Ma per favore! Io sono fermamente convinta che a certe donne l'infertilità non avrebbe fatto poi così male. Fermi, fermi, fatemi spiegare.
Il dolore per la scoperta dell'infertilità, non importa se sia tua, del tuo partner, di entrambi o di nessuno dei due, ti butta a terra. In un modo che pochi altri eventi riescono ad eguagliare. Scoprire di non poter avere un figlio equivale ad un lutto, alla perdita di una parte di te. E da lì puoi percorrere due strade: o anneghi, o impari a nuotare. E imparare a nuotare nel grande mare dell'infertilità è stata la cosa più sfiancante, umiliante e allo stesso tempo meravigliosa che io abbia mai fatto. Perché ti dona una consapevolezza che cambia ogni più piccola fibra del tuo essere, ti rende capace di una forza che mai avresti pensato di possedere, ti fa capire per cosa davvero sei disposta a combattere, fa saltare tutte le coperture delle persone che ti circondano. Quando affronti la battaglia contro l'infertilità ci sono momenti in cui ti senti Dio, in cui senti di poter affrontare e vincere tutto. Le tue priorità cambiano, e ti rendi conto che cose che prima erano importanti non lo sono più. E ti senti diversa, migliore.
Con queste parole non sto dicendo che io mi sento una super-mamma per aver affrontato tutto questo ed esserne uscita con un bambino nella pancia. Non mi sento migliore di nessuna altra donna che con l'unico rapporto non protetto è rimasta incinta. Quello che sento è di aver maturato un rispetto e una sensibilità nei confronti delle altre persone che prima non avevo. Prima, quando mi sentivo una donna come tutte le altre, una che viveva con la ferma convinzione che ci fosse da qualche parte un bambino che le spettava di diritto. Poi è arrivato il semaforo rosso. E lì ho capito che non ero onnipotente, che non dipendeva da me, ma che cambiare il corso del destino, quello sì, era in mio potere. E avere Sofiego, qui, adesso, dentro di me, è la dimostrazione che il dolore porta sempre qualcosa di buono. E forse, se non avessi fatto domande, parlato, confessato quello che stavo vivendo, forse adesso lui/lei sarebbe ancora solo un bambino che ci veniva negato.
Quello che dico a tutte quelle persone che hanno un problema è di rimboccarsi le maniche e affrontarlo. Incontrerete persone ignoranti, taaaaaaaaaaante, che proveranno a scoraggiarvi o a farvi sentire inferiori. Passate oltre e lasciatevele alle spalle, non le rimpiangerete. Poi dopo verranno a cercarvi di nuovo, quando magari tornerete ad essere persone che possono ricollocare in uno dei loro scompartimenti prefissati. Nel frattempo poi avrete trovato altre persone, persone migliori, che vi avranno aperto il loro cuore e voi il vostro. E con le quali desidererete continuare a camminare per molto moltissimo tempo.
Io non mi vergogno di raccontare quello che ci è successo, sono orgogliosa di ogni decisione che ho preso, di ogni porta che ho sbattuto, di ogni amicizia che ho interrotto. Adesso sono qui, con la mia quantità di dolore ben rinchiusa nel petto, a memoria della donna forte che sono stata. Perché prendere decisioni è una delle cose più difficili da fare nella vita. Anche decidere di restare immobili senza fare nulla è una scelta. E tutto si riduce ad una sola, semplice domanda: quanto sei disposto a rischiare per rincorrere il tuo sogno? La risposta mia e di mio marito era "A tutto". E così abbiamo fatto. Tanto abbiamo rischiato, tanto abbiamo perso, molto più lo abbiamo guadagnato.
Ogni volta che avrete bisogno di me ci sarò, sapete dove trovarmi. Affrontare questa cosa da soli è difficile, certi giorni ti fa uscire letteralmente di testa. Ma sapere che esiste anche solo una persona che può capire il tuo dolore e quello che stai provando, rende il tutto un pò meno duro. Non facile, non sarà mai facile, anche una volta raggiunto il traguardo lo spettro del passato sarà sempre accanto a te. Ma non necessariamente è un male, ti serve per ricordare a te stesso ogni giorno che i mostri si sconfiggono. E ti rendono più forte, ti rendono migliore.
Un caro abbraccio,
Sara