21 gennaio 2023

COSA MI PORTO NELL' ANNO NUOVO

Quest'anno gli anni saranno 39. Non me li sento, non sono pronta. Se penso che mia figlia ne compirà 9 poi!

Mi sembra pazzesco quanto velocemente siano passati gli anni da quando sono diventata mamma. Mi accorgo dei mesi che scorrono dagli addebiti della mensa scolastica, gli acquisti delle scarpe che dopo qualche settimana le diventano immancabilmente piccole, di quelle routine lavorative che ripeti una volta al mese, ma il mese ti sembra durato appena 10 giorni!

Il 2022 è letteralmente volato. Dovessi dargli un voto direi un 7, tutto sommato. Pollice su per la parte lavorativa, per la parte gite/viaggi, per la parte delle persone con le quali ho condiviso il mio tempo. Un anno di "ripresa" e assestamento dopo 2 anni difficili e oscuri, una specie di trampolino di rilancio verso una normalità che abbiamo imparato ad apprezzare solo quando ci è stata bruscamente negata. Nell'anno passato però ci sono state alcune scelte importanti che mi hanno spinto fuori dalla mia zona di comfort.

La prima è stata iniziare, per la prima volta dopo gli anni passati in piscina durante l'adolescenza, ad allenarmi. Tralasciando la parentesi iniziata nell'estate del 2019, quando avevo iniziato a correre, per poi interrompermi a causa della frattura del piede. Dopo la riabilitazione avevo ripreso ma boh, non mi dava grande soddisfazione. Questa volta invece è stato diverso. Ho trovato la persona giusta, ho iniziato a seguirla e ho scoperto che, allenandomi con costanza, ogni giorno da casa (svegliandomi alle 6 del mattino, estate e inverno senza distinzione), nel giro di un mese avevo già iniziato a vedere il mio corpo cambiare. Ora, dopo quasi 10 mesi, al di là dell'aver perso quasi 4 kg che in questi ultimi anni non mi volevano abbandonare, ho una corporatura diversa. Mi guardo e mi accorgo che ho dei muscoli in posti dove prima non pensavo nemmeno si sarebbero potuti sviluppare, ho un lato B tonico come non lo avevo nemmeno a 18 anni e mi si intravedono persino gli addominali! Ovviamente, essendo io una che tende a non accontentarsi mai, trovo sempre qualcosa che va migliorato...ma questo è uno stimolo a continuare ad allenarmi ogni giorno, con determinazione, focalizzata verso la versione migliore di me.



Ho imparato poi a non avere paura di lasciare andare le persone tossiche che non mi facevano bene. Quelle persone sempre negative, che cercano di tenerti con la testa sotto l'acqua quando provi a respirare. Mi sono accorta che non ho più voglia di sprecare tempo con persone che, quando torno a casa, ho addosso la tristezza. In questo momento della mia vita ho bisogno di positività attorno, di gente che si fa il mazzo e ottiene risultati con impegno e dedizione totale. Non i parassiti, quelli pronti a puntare il dito sempre sull'altro, quelli che stanno fermi ma oh, loro sanno sempre come si fa! Basta!!!!! Se hai qualcosa di buono da dirmi ok, altrimenti tienitelo per te se serve solo ad alleggerirti l'anima, a scaricarti la coscienza, a osservare in maniera assolutamente distorta la vita di chi invece ha un obiettivo,ha imboccato una strada e un passo alla volta sta riuscendo. Ho sempre meno persone attorno ed è un bene. Perché quelle che sono rimaste al netto della purga, sono quelle che voglio portarmi nel mio viaggio chiamato vita.


3 gennaio 2023

Esserci. Ogni giorno. Nella vita.

Per ogni giorno che ho potuto concludere con un bacio di mia figlia e il naso affondato nella piega del suo collo per respirare quello che ancora oggi resta il miglior profumo del mondo per me.

Per ogni giorno in cui posso ammirare la pazienza e l’amore incondizionato dei miei genitori per mia figlia. Averli resi nonni sarà sempre uno dei maggiori orgogli della mia vita.

Per ogni giorno in cui un cliente riconosce l’impegno, la dedizione e la serietà con cui portiamo avanti il nostro lavoro, mettendolo al centro di tutto.

Per ogni giorno in cui mi sveglio alle 06.00, mi infilo le scarpe da ginnastica e mi alleno. Ogni singolo giorno, per perseguire l’obiettivo di diventare la migliore versione di me stessa.

Per ogni giorno in cui, nel letto, prima di addormentarmi, allungo la mano e trovo sempre la tua, che nonostante le difficoltà continua a non mollare la presa e a tenermi stretta in quella che è la nostra complicata, meravigliosa vita insieme.

Per ogni giorno in cui posso sentire la risata dei miei nipoti e abbracciare le mie sorelle di cuore, consapevole che nonostante la distanza, restano una delle mie più grandi certezze.

Per ogni giorno in cui condivido pezzi di vita con le mie poche, preziose, amiche. Ogni anno che passa imparo sempre di più che non ha senso aspettarsi che gli altri si comportino come tu vorresti. Se vuoi bene a qualcuno, diglielo. Farà bene in primis a te.

Per ogni giorno in cui mi rendo conto di quanto impegno io metta in ogni cosa che faccio. Per cercare di essere la migliore madre, moglie, figlia, imprenditrice, donna possibile.

Per ogni giorno in cui, nel 2022, ho aperto gli occhi e ho detto GRAZIE. Per essere viva. In salute. Assieme alla mia famiglia. Con un lavoro che amo. Con una casa che adoro.

E adesso sotto con il 2023. Con progetti ambiziosi a cui mirare e obiettivi da raggiungere. Ma sempre e comunque, con la consapevolezza che ciò che conta davvero è il qui e ora. Il passato è andato, il futuro non è ancora. C’è solo l’adesso.



26 dicembre 2020

2020, cosa lascio e cosa tengo

Credo che mai come in questo anno, ognuno di noi nel suo bilancio personale faccia più fatica a ricordare le cose belle di quelle brutte. Questo 2020 ha messo alla prova tutti, in ogni aspetto della nostra vita. E ci ha messo di fronte ad una grandissima realtà: su certe cose non abbiamo potere. Per quanto ci infuriamo, ci deprimiamo o cerchiamo di forzare il corso degli eventi, semplicemente ci sono cose che succedono indipendentemente da noi. Il Covid-19 è una di queste cose. Certo, possiamo fare attenzione, rispettare le norme e diminuire il rischio di contagio. Ma le variabili in gioco sono troppe, e alcune di queste non dipendono da noi.

Sono cambiata molto, in questo 2020. Se ripenso alla me con un piede fratturato di inizio gennaio, arrabbiata e frustrata per le stampelle, la vacanza di Capodanno saltata, l'incapacità di essere autonoma, fatico a riconoscere la me che sono adesso. Più equilibrata, più serena, più grata. Nonostante tutto quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo.

Il percorso che ho iniziato a fine estate 2019 mi ha reso quest'anno molto più consapevole di quanto poco mi serve per essere felici. Il mio percorso verso il minimalismo sta dando i suoi frutti, soprattutto nella sfera personale. Il lasciare andare le cose che non ci danno davvero gioia non si applica solo ai vestiti o alle cose che abbiamo sparse per casa. Significa anche riconoscere quei rapporti nei quali hai sempre dato e che in cambio ti hanno restituito poco. Non è facile, ci sono legami complicati da spiegare. Ma quando sei con una persona e ti rendi conto che non vorresti trovarti lì o che staresti meglio facendo altro, quando ogni volta che parli ti chiedi come l'altro potrebbe reagire o cosa potrebbe pensare di te, ecco, quello non è un rapporto che ti da gioia. Non c'è granché da fare, non ha senso accanirsi, semplicemente si impara ad andare oltre. Tanto si sa, in quei rapporti, chi ha sempre fatto il primo passo sei stato tu. Quindi la cosa giusta da fare è non fare più. E usare quel tempo per trovare ciò che ci rende felici.



Io fortunatamente non mi sono fermata molto per colpa del Coronavirus, solamente una decina di giorni a cavallo tra marzo e aprile. Ma le limitazioni nei weekend mi hanno costretta a rivedere il modo di gestire le giornate. E così ho trovato il tempo di fare un bel decluttering in casa, nell'armadio in primis. Per quanto riguarda la quantità di roba posseduta da mia figlia ci sto ancora lavorando, ma ho anche imparato che non si può imporre il proprio pensiero agli altri. Quindi per il momento, visto che ha 6 anni, le concedo ancora qualche attenuante. Una volta riordino io senza dire niente, una volta sclero e costringo lei a sistemare la stanza dei giochi che Cernobyl al confronto sembrava la casa di Marie Kondo! Lascio quindi andare vestiti, oggetti, persone. Lo faccio senza rimpianto, senza incolparmi. Non posso cambiare il passato ma posso decidere come vivere il mio futuro.

E nel mio futuro voglio essenzialità. Voglio pochi vestiti nel mio armadio ma che porto tutti, pochissimi passaggi nella mia beauty routine ma che siamo performanti al massimo, poche persone attorno a me ma sulle quali so di poter contare e che mi trasmettano belle sensazioni. Esemplare il caso di questo Natale: ho voluto solo regali che desideravo, non costosi ma che, anche se li avevo acquistati personalmente quindi non c'era alcuna sorpresa, mi hanno scaldato il cuore quando li ho visti incartati da mio marito sotto l'albero. Non ho avuto alcun desiderio di andare per negozi, non aspetto i saldi con impazienza. Ho davvero imparato ad essere felice con quello che ho e, quando qualcosa mi occorre, allora lo acquisto, senza stare a farmi troppe domande.



Mi porto dietro ancora e più che mai la voglia di viaggiare. Questo 2020 mi ha creato delle vere e proprie necessità che devono assolutamente trovare una valvola di sfogo. La mia lista dei desideri si è allungata ancora di più. Sono grata di aver scoperto le Big Bench e, in mesi dove non si poteva uscire dalla propria regione, mi sono regalata comunque delle gite fuori porta che mi hanno permesso di scoprire posti meravigliosi. Ma non riesco nemmeno a spiegarvi la voglia che ho di risalire su un aereo e riprendere a vedere il mondo.

Ho voglia di portarmi nell'anno nuovo tutto quello che ho imparato in questo 2020, tutti i libri che ho letto, i corsi che ho fatto, i professionisti eccezionali che ho incontrato e che mi hanno permesso di far crescere la mia azienda in un modo che mi rende così orgogliosa che adesso, quando mi sveglio alla mattina, sono felice al pensiero di andare in ufficio. Anche se so che ad aspettarmi ci saranno delle rogne, che le responsabilità sono tante, che il futuro è quanto mai incerto. Ma anche lì, se ripenso alla ragazza che ero quando ho iniziato, sento di essere completamente diversa. Ho preso in mano la mia vita, sono nel posto dove devo essere, a fare quello che era giusto facessi, a cercare di migliorare ogni giorno la mia vita, quella delle persone che dipendono da me e soprattutto la vita della mia famiglia.

Già, la mia famiglia. Quel microcosmo che ogni tanto ti fa mancare l'aria e dalla quale senti il bisogno disperato di evadere e, quando poi sei lontana, senti che ti manca qualcosa. Mio marito e mia figlia, le persone che nel bene e nel male fanno di me la persona che sono. Così diverse da me, con le quali spesso entro in collisione, ma tutti pezzi dello stesso puzzle che abbiamo iniziato a costruire anni fa. E che ancora oggi, quando lo guardo, non manca di emozionarmi. Osservo mia figlia, 6 anni di gioia di vivere, la creatura più eccezionale che potessi sperare di mettere al mondo. 6 anni di testardaggine, di risposte sempre pronte, di fase oppositiva perenne, ma anche di baci dati al momento giusto, di "Ti voglio bene" buttati lì come per caso che vanno a ridare il giusto senso ad una vita non sempre facile. E poi c'è lui, mio marito, la persona in assoluto più paziente che io conosca. L'uomo che sopporta i miei scleri; accetta che io programmi minuziosamente la vita mia, sua, di nostra figlia e del pesce rosso; non vede come un oltraggio il fatto che io in azienda sia quella che comanda. L'uomo che, lo incontrassi oggi, probabilmente non sceglierei come compagno di vita. Ma che so essere, senza ombra di dubbio, l'unica persona che avrei potuto avere al mio fianco. Se non fossi con lui sarei sola, sola con le mie paure, sola con le mie manie di perfezionismo, sola con la certezza che la felicità sarebbe altro. Quell'altro che ogni mattina mi tocca buttare giù dal letto, che dice che da domani smette di mangiare dolci, che mi chiama ancora piccola dopo 16 anni. Mia figlia e mio marito sono ciò che di più caro mi trascino in questo 2021 ancora incerto. Sono il mio faro e la mia certezza. Può sembrare poca cosa. Per me è tutto.


Vi auguro un anno nuovo che vi restituisca in parte quello che ci è stato sottratto in questi mesi. Vi auguro tanta felicità, quella vera, che sgorga dal cuore. E vi auguro di darvi tempo per guarire dalle ferite di questo 2020 che per certe persone è stato davvero crudele. Il tempo è la cosa più potente che c'è.

8 novembre 2020

Nuovo lockdown, stessi pensieri

Ci siamo ricaduti. La prima volta è toccato a tutti, adesso invece solo una parte degli italiani è stato "punita". La Lombardia è finita in zona rossa, lo si sapeva, dopo i numeri delle ultime settimane era impensabile che avvenisse qualcosa di diverso.

Eppure questo lockdown è abbastanza diverso dal precedente. La prima volta eravamo impreparati, ci siamo chiusi in casa terrificati da quello che stava avvenendo. Soprattutto qui, a Bergamo e provincia, il mondo ci stava crollando attorno ed eravamo spaventati, impotenti. Quasi tutti, durante la prima ondata della pandemia, abbiamo perso qualcuno che conoscevamo a causa del Covid-19. Poi è arrivata l'estate e i contagi sono diminuiti fino quasi ad azzerarsi. E abbiamo ripreso fiducia, la gente ha ricominciato a muoversi, abbiamo rivisto gli amici, abbiamo azzardato anche timidamente qualche giorno di vacanza, più vicino a casa certo, visto che tutti i nostri viaggi intercontinentali si erano tramutati in voucher da spendere in un 2021 che oggi appare quanto mai incerto. Poi si è rientrati al lavoro, è ripresa la scuola e poco alla volta i contagi si sono rimessi a correre, fino a diventare quei numeri spaventosi che sentiamo ogni giorno. E che ci hanno portato, di nuovo, al punto di partenza. O forse no.

Questa volta abbiamo le scuole aperte. E per l'Italia è una notizia, visto che siamo stati praticamente l'unico paese a chiudere le scuole come prima cosa e a farle riaprire per ultime. Voglio sperare che si sia davvero capito quanto, soprattutto per i più piccoli, l'unica didattica davvero efficace sia quella in presenza, pur con tutte le limitazioni del caso, vedi le mascherine che adesso sono diventate obbligatorie durante tutta la giornata, indipendentemente dal distanziamento. Da noi le cose stanno andando bene ma ho paura a dirlo, quindi mi limito a pensarlo, a guardare i giorni che scorrono sul calendario come i carcerati, vedendo la chiusura natalizia come il primo grande traguardo da raggiungere. Mancano sei settimane, ci arriveremo? Non si può sapere adesso. Nel frattempo Sofia sta fisicamente bene, credo che le mascherine e il distanziamento abbiano anche qualche effetto positivo, per esempio non siamo già nel pieno del binomio esplosivo raffreddore/tosse con il quale facciamo solitamente i conti da 1 settimana dopo la ripresa dell'attività scolastica. Ogni mattina ci spariamo la temperatura in fronte a vicenda, compilo il buono della mensa per quel giorno e via, abbiamo vinto un altro giorno di scuola. Considerando scuole e attività produttive aperte anche in zona rossa, per noi durante la settimana cambia poco. E' solo un pò più complicato per noi grandi gestire la pausa pranzo visto che la ristorazione è chiusa ma poi per il resto la nostra vita da lunedì a venerdì si snoda solo attraverso il tragitto casa-scuola-lavoro-casa.

Il vero problema esplode nel weekend. Il weekend in casa è per me una vera condanna. Tolta l'ora di compiti, ne restavano ancora almeno 13 da riempire. 13 ore con una bambina di quasi 6 anni alla perenne ricerca di attenzione. Ieri mattina mi sono svegliata presto e ho pulito casa, poi tra una lavatrice e l'altra abbiamo riordinato la stanza dei giochi, come sempre quando sono particolarmente nervosa. Poi ho giocato con lei, abbiamo fatto i compiti, ho cercato (inutilmente) di terminare un lavoro, ho rigiocato, poi è arrivato il pranzo. Fortunatamente alle 15 è scesa a giocare con un'amichetta, pertanto ho avuto "solo" altre 2 ore di intrattenimento da organizzare. Tutto un "mamma,mamma,mamma" nemmeno come a 2 anni. Al ritorno dal gioco pensavo che la giornata fosse in discesa. Merenda, doccia...anzi no, prima della doccia altro gioco (lavare i capelli alle Barbie), poi finalmente l'ho messa in doccia ma mica puoi lasciarla da sola, quindi 20 minuti buttati in cui lei ballava sotto lo scrocio dell'acqua cantando e io fuori seduta sul water pregando che non scivolasse! Asciugata, incremata, messo pigiama e districato la massa informe di capelli, ho steso la quinta lavatrice della giornata. E mentre cercavo il solito calzino desaparecido con la testa nell'oblò della lavatrice mi sono detta: "Ma come può una donna essere soddisfatta di una vita così, ogni santo giorno? Lavare, pulire, cucinare, i figli. E' tutto qui?". Ho fatto la stessa domanda a mio marito che mi guardava invocando semplicemente la pietà di andare a buttarsi sul divano. Erano le 19 e avevo un gran mal di testa, cosa che raramente mi succede in settimana quando passo 11 ore in ufficio e poi, comunque, lavo, cucino e pulisco come le donne che non escono di casa per lavorare. Ho preparato la pizza, ovviamente rigiocato alla sera prima di andare a nanna, ma abbiamo fatto un puzzle, mi piacciono i puzzle. Alla fine alle 21.15 ho deciso che era ora di andare a dormire. Sofia non ha protestato, avrei potuto non rispondere di me se si fosse ribellata. Per fortuna non lo ha fatto. Prima delle 22 ero a letto. Stamattina nuova lavatrice, abbiamo preparato i biscotti, giocato, sono riuscita a finire quel lavoro che avevo iniziato mentre Sofia era tutta concentrata a guardare "Vite al limite", ho preparato il pranzo, ho stirato, abbiamo giocato prima di ridiscendere a giocare con l'amichetta (un paio d'ore che si smazza mio marito, che è il minimo). Mentre lei non c'è sto scrivendo, poi andrò a farmi una doccia di 15 minuti da sola. Poi la cena. Poi ancora gioco e la messa a nanna.


La mia vita è programmata a slot di tempo, solo così posso essere certa di non perdermi pezzi per strada. Mamma, moglie, imprenditrice, donna. Domani si ritorna in quella che è la routine che mi è più congeniale. Anche se mi accorgo che meno sto con Sofia più lei è irritabile. Ed è impensabile che basti un weekend per cambiare il suo atteggiamento. In settimana andrò a prenderla a scuola un pomeriggio, per me non è una cosa consueta, spero ne sarà felice. Una cosa però in questo primo weekend di lockdown l'ho notata: è da giovedì sera che non mi chiede di poter guardare i video sul cellulare. Voglio interpretarlo come un segnale positivo, che sono riuscita a farle passare del tempo di qualità che non l'ha fatta annoiare al punto da cercare un surrogato nella tecnologia. Un piccolo passo avanti. Ma, lo so, tutto inizia da un primo piccolo passo.

26 ottobre 2020

NON HO PIU' VOGLIA DI STARE IN STAND BY

Avevo in mente di raccontarvi dello scorso weekend in cui siamo andati a caccia di Big Bench nelle Langhe, poi però dopo ieri non ne ho più voglia. Ieri è stato l'inizio della vera e propria fase 2, il preambolo di una nuova chiusura. Che, presto o tardi, arriverà. Me lo sento, i numeri ci stanno dando torto e prima di vedere gli effetti di queste restrizioni non del tutto sensate si dovranno aspettare almeno 2 settimane. 2 settimane in cui i numeri non potranno che peggiorare.

Ieri mattina mi sono svegliata e ho avuto la sensazione che sarebbe stata la giornata delle ultime volte. Ed in un certo senso un pò lo è stata. Siamo andati al parco con Sofia, c'era un bel sole caldo, si stava bene. Mentre Sofia giocava ho chiuso gli occhi un minuto e per quel minuto mi sono dimenticata che portavo la mascherina, che dovevo controllare che mia figlia non si avvicinasse troppo agli altri bambini, che se qualcuno cammina e ha la mascherina abbassata, allora tu ti sposti un pò più in là. Ieri sera siamo stati a quello che sarà probabilmente l'ultimo incontro con la famiglia per un pò di tempo, in territorio neutrale, con le distanze e tutto quanto. Chissà se per Natale potremo vederci e stare insieme. Anzi prima, per il compleanno di Sofia, il 17 Dicembre. Che si meriterebbe una bella festa, che 6 anni sono un compleanno speciale...ma che al coronavirus frega un cazzo di quanti anni compi.


Mentre tornavamo a casa in macchina mi sono detta che sono stanca di tutto questo. Non ho più voglia di avere la vita in stand by, che mi manca poter programmare i viaggi, la libertà di potermi spostare quando e come voglio, con il mezzo che voglio, con le persone che voglio. Che sono stanca di avere occhi avanti e dietro, in azienda e fuori, vigilare su tutto e tutti, con la paura di uno starnuto di troppo. Sono stanca che il cuore mi si fermi per un secondo ogni volta che il cellulare mi suona, per paura che compaia la scritta "SCUOLA SOFIA", di sentirmi dire che non sta bene, la porti dalla pediatra, le faccia fare il tampone. Tampone = isolamento fiduciario in attesa di farlo, in attesa dell'esito e poi, Dio non voglia, i giorni di clausura se risultasse positivo. Tutto questo con un'azienda da mandare avanti, dipendenti ai quali rendere conto, genitori da tutelare. La mia vita sociale è praticamente azzerata, non vediamo amici, non usciamo a cena (uscivamo, da stasera nemmeno questo potremmo più fare se volessimo), andiamo solo in posti dove sappiamo saremo da soli (da questo punto di vista le Big Bench sono un bel modo di passare il tempo ma il meteo inizia a non essere più troppo clemente), ogni tanto "trasgrediamo" in pausa pranzo andando al Mc Donald's che ha norme anti-covid così astringenti che al confronto in ospedale sei scialla!

Non ho più voglia di sembrare una vecchia lamentosa che dice sempre le stesse cose, ma ho paura di poterlo diventare. Mi sto impegnando a fondo per continuare a crescere, per migliorare, per imparare cose nuove e per diventare una donna, una mamma, una imprenditrice, una persona migliore. Sto cercando di scrollarmi di dosso le persone negative, quelle che tanto il mondo farà schifo sempre e comunque, che sia il Covid o la crisi o qualunque altra cosa. Quelle che non c'è mai nulla per il quale essere grati, perché vorrebbero sempre qualcosa di diverso, qualcosa di più. Quelle che non fanno nulla ma spiegano a te cosa fare, che ti dicono che non vai bene.

Avrei voglia di abbracciare le (poche) persone alle quali voglio bene, quegli abbracci stretti che hanno il potere di rimetterti apposto il cuore. Perché va bene whatsapp e zoom e meet e tutta questa roba qui...ma non c'è niente come l'abbraccio di chi sa come stai e cosa provi. Niente. E forse la cosa più brutta di tutta sta situazione è proprio questa. Che ci stiamo abituando a non abbracciarci più. Sta diventando la nostra nuova normalità. Ecco, io non voglio dimenticarmelo il profumo che hanno le mie amiche, i miei nipotini. Alcuni non ho nemmeno potuto annusarli da quando sono nati, non so di cosa profumano, vedo i loro piedini crescere nelle stories su IG.

Rivoglio la vita di prima, quella dove pronti,via,20 minuti e siamo lì,pizza,chiacchiere,pianti. La vita normale. Non questa vita in stand by.



7 ottobre 2020

BIG BENCH N.97 GRONE

Difficoltà di raggiungimento: 5

Panorama: 7 

Oggi voglio partire a ritroso, dall'ultima Big Bench che abbiamo visitato. Era un sabato pomeriggio di inizio settembre, ci era saltato un impegno fissato e ci siamo detti "Andiamo a trovare una panchina nuova?". E così, spulciando sull'App ufficiale delle BBCP che si chiama Tabui, abbiamo optato per la panchina n.97, a Grone, vicino al lago di Endine, provincia di Bergamo.

Ci si arriva inerpicandosi con la macchina sui Colli di San Fermo, strade a tornanti, fino a più di 1000 mt. Si arriva poi ad un ampio parcheggio, di fronte ad una collina. Davanti, un bar ristorante, sulle colline attorno si praticano sport quali bob, lancio con il paracadute, movimentazione di aeroplanini e droni. Una volta parcheggiata la macchina non si deve fare altro che risalire a piedi la collina tenendo il bar sulla sinistra oppure seguire il sentiero alla sinistra del bar. Noi abbiamo optato per la prima opzione, quindi siamo saliti sulla collina direttamente dall'erba. Una camminata in salita di circa 200 metri, nulla di eccessivamente faticoso (ne abbiamo viste di peggio).

Alla fine si arriva sullo spiano e compare lei, la Big Bench, gialla e bianca:




Il panorama attorno è eccezionale, peccato quel pomeriggio ci fosse un pò di foschia e non si sia potuto apprezzare al massimo. Siamo rimasti un pò a guardare che si lanciava con il parapendio, chi faceva volare gli aeroplanini radiocomandati. Là in cima c'era una piacevole brezza, sicuramente una opzione da valutare durante le calde e afose giornate estive in città.




Abbiamo poi proseguito per una cena direttamente sul lago di Endine, distante circa 20 minuti dalla Big Bench. Questa è stata la nostra 14esima panchina (12esima per Sofia, alla quale ne abbiamo risparmiate 2 decisamente non alla portata di tutti, ve ne parlerò più avanti). Il colore era splendido, panchina tenuta benissimo, peccato non ci fossero i gradini per salire ma oramai abbiamo sviluppato una certa esperienza nel salire con discreta grazia su questi molossi alti 2 metri! Voto complessivo all'esperienza: 7. Un modo insolito di passare un sabato pomeriggio.

Vi auguro una buona giornata...e appuntamento al prossimo post!


2 ottobre 2020

E POI HO SCOPERTO LORO...LE BIG BENCH

È iniziato tutto nel mese di giugno. Venivamo da mesi di clausura, ci era stato proibito spostarci tra regioni, figuriamoci fuori Italia, non parliamo del resto del mondo. A Natale mi ero fratturata il piede e avevo dovuto annullare il viaggio a Dubai a Capodanno. Poi il Covid ha fatto il resto. Cancellato il weekend a Barcellona, annullato il viaggione di agosto. Avevo bisogno di riprendere a muovermi in qualche modo, fosse anche una gita di un giorno a 50 km da casa. Dovevo uscire dal covidcoma nel quale ero piombata.

Così, cercando in giro sul web qualche idea, ecco che ho scoperto loro, le big bench, ovvero le PANCHINE GIGANTI. Sono delle panchine posizionate in luoghi panoramici, sparse soprattutto nel nord Italia. L'idea del suo creatore, Chris Bangle, è quella che anche gli adulti si fermino ad ammirare un panorama con lo sguardo meravigliato di un bambino che si arrampica su di una panchina. In effetti arrampicarsi è la parola giusta, poiché raggiungono i 2 metri di altezza e alcune non hanno né gradini o altro supporto per salirci, quindi un po' di esercizio fisico tocca farlo. Così come non è sempre facile raggiungere il punto in cui sono posizionate. Si va da alcune sistemate a bordo strada con parcheggio a 10 metri, per arrivare ad altre che vengono conquistate solo dopo camminate di alcuni km, spesso in salita. Insomma, ce n'è per tutti i gusti!




Ovviamente in questa mia nuova mania ho coinvolto marito e figlia, entrambi poco adepti al movimento. Siamo partiti da quelle più vicino alla nostra zona, ci siamo spostati nella zona del Monferrato per il mio compleanno, ne abbiamo scoperte 2 in Emilia mentre andavamo al mare durante la nostra vacanza di ripiego...e ovviamente sto programmando un'altra spedizione! Non è come programmare un viaggio vero e proprio, non ti dà l'adrenalina di quando prenoti un nuovo volo...ma è sempre meglio che non fare nulla. E in questi mesi ho imparato ad apprezzare anche le cose più piccole che, se le sai godere con le persone giuste, valgono tantissimo.

Nei prossimi post vi darò qualche info in più sui meravigliosi posti che abbiamo potuto vedere grazie alle nostre gite alla scoperta di Big Bench.

1 ottobre 2020

I'M BACK...AGAIN.

Io e la scrittura siamo come un elastico. Ci sono periodi in cui riesco ad allontanarmi, tengo tutti i pensieri nella mia testa. Poi arriva il momento di massima tensione, quello in cui vengo catapultata indietro con forza inaudita. E allora il bisogno di scrivere ritorna, più forte che mai.


Oggi è il 1 ottobre, mi sembrava bello ricominciare all'inizio del mese,mi sembra l'ennesima dichiarazione di buoni propositi che poi solitamente tende ad arenarsi nel giro di poco. Perché non ho tempo, perché forse non ho nulla di interessante da dire, perché sostanzialmente sono una che, da sempre, si fa troppe domande.

E allora scelgo di ricominciare, per una volta senza avere troppo chiaro di cosa scriverò.

Sicuramente parlerò di viaggi, che sembra abbastanza una contraddizione in quello che è stato in assoluto l'anno peggiore dal punto di vista delle vacanze sognate,programmate e poi annullate. Ma qualcosa sono comunque riuscita a fare. E ve lo racconterò.

Poi c'è il mio lavoro, quello che sto facendo per crescere e migliorare. Ogni giorno è una sfida che mi do l'obiettivo di affrontare e vincere. Non è facile,ma so che ne vale la pena,che è ciò che voglio fare, che è una parte imprescindibile della mia vita.

E poi ci sono loro,la mia famiglia. In primis mia figlia che ha iniziato la prima elementare in questo anno sconvolto dal Covid-19 e che ha rimesso in gioco tutte le nostre certezze. Parlare di lei è da sempre una occasione per tenere traccia della sua crescita,di quanto in fretta lei sia passata da un desiderio che ho rischiato di non afferrare ad una realtà che ogni giorno non manca di meravigliarmi.

Infine, perché sì, se sei una mamma imprenditrice, nella maggior parte dei casi sei sul fondo della lista delle tue priorità, anche se tutto dovrebbe partire dal tuo essere felice, ci sono io. Complicata, incasinata, piena di desideri ma con sempre troppo poco tempo per realizzarli tutti. Ecco, ricominciando a scrivere oggi voglio cercare di portare avanti un obiettivo che mi sono data. Un po' come la sveglia alle 6.30 ogni mattina e gli addominali come prima cosa. Non so se servano davvero a qualcosa visto che poi ho un relazione di assolutamente felice e monogama con la Nutella. Ma quando ogni mattina mi sveglio e li faccio,porto avanti una abitudine e questo mi fa sentire bene. Che in fondo, di questi tempi, è forse la sola cosa che conta davvero.


27 luglio 2020

SEDICI ANNI DI NOI


16 anni fa, in una sera di fine luglio, ci siamo incontrati per la prima volta. A quei tempi, nel 2004, non esisteva Facebook, figurarsi gli smartphone. Le fotografie si facevano con la macchina fotografica e il rullino, motivo per cui ti impegnavi veramente prima di scattare. Abbiamo album pieni di noi 2 nei primi anni insieme. Quando guardo quelle foto fatico a ricordare la me che ero. Come eravamo noi. E come siamo oggi. SEDICI ANNI DOPO.


SQUADRA. Siamo agli opposti. Abbiamo caratteri, gusti, ambizioni diverse. Ma ci sono bastate 3 settimane per far emergere che avremmo voluto 3 figli insieme e girare il mondo. Dopo tutti questi anni, una parte di quei sogni da ventenni si sono realizzati. E soprattutto abbiamo capito che da soli forse saremmo più veloci, più focalizzati sui nostri obiettivi. Ma che solo insieme possiamo andare a conquistare il futuro ed essere davvero felici. Siamo una squadra, spesso un po’ scentrata o in difesa o in attacco, ma sempre squadra. Non si scappa, ce lo siamo promessi. E siamo ancora qua, insieme, come coppia, come famiglia. Dopo sedici anni non è affatto scontato. E ho imparato ogni giorno quanto questo sia importante.
ESPERIENZE. Veniamo da famiglie diverse, abbiamo avuto vite diverse, abbiamo sognato cose diverse. Poi ci siamo trovati e la cosa più naturale ci è sembrata quella di volere semplicemente stare con l’altro, come se non ci fosse sogno più ambizioso e appagante di quello. Quello che siamo stati nel passato ci ha segnato e condiziona ancora una parte di noi. E’ una parte che ogni giorno ci impegniamo ad accettare come un qualcosa dell’altro che è stato parte di lui e che, in qualche modo, ci ha portati qui, adesso, insieme. Non saremmo dove siamo senza quello che siamo stati e le scelte che abbiamo fatto. Le persone che siamo oggi sarebbero diverse, senza le esperienza fatte da soli, prima di conoscerci, prima di decidere di essere noi.
DIFFICOLTA’. Ne abbiamo affrontate tante, fin dall’inizio. Abbiamo modi diametralmente opposti di gestire le crisi. Io cerco il confronto, il dialogo, la risoluzione. Tu schivi, eviti, speri che accantonando il problema questo se ne andrà così come è arrivato. Questo ci porta spesso in scontro. Il passaggio da coppia a genitori è stata una deflagrazione. Ha messo in forse tutte le certezze che ci eravamo pian piano costruiti in più di 10 anni. Ha rimescolato le carte e ci ha imposto di ricominciare a giocare un gioco del quale non conoscevamo le regole. Come ce la stiamo cavando? Sarà il futuro a dirlo. Quello che so è che adesso, quando all’orizzonte si prospetta una difficoltà, non diciamo più “Non ce la faremo mai” ma “Avanti, per ogni problema c’è una soluzione”.
INFERTILITA’. Questo è stato uno dei problemi più grossi che abbiamo affrontato come coppia e come individui. Una di quelle cose la cui portata non hai idea di quanto impatterà sulla tua vita fino a che non ne entra a far parte come il terzo incomodo. Una specie di lui, lei, l’altra. Quando ci hanno detto che non avremmo potuto avere figli naturalmente, ancora una volta ci siamo trovati davanti 2 strade: soccombere o lottare. Per me rinunciare non è mai stata una opzione. Difatti siamo andati avanti, io che facevo da traino, tu che ti assicuravi che percepissi il tuo supporto. Abbiamo sempre guardato verso la stessa meta. Poi il traguardo è emerso con chiarezza e a quel punto ci siamo ritrovati adulti, più uniti che mai. Consapevoli che quel problema c’era, ma noi eravamo più forti. Sofia è la dimostrazione di quanta tenacia e determinazione abbiamo infuso per raggiungere quel sogno che ora è la nostra caotica, faticosa, meravigliosa vita.
COMPLICITA’. Lo siamo da sempre. Nonostante io avverta troppo spesso il bisogno di parlare e sviscerare ogni aspetto, nel complesso siamo una di quelle coppie che si capisce con gli sguardi. Quando siamo soli parliamo poco, la vicinanza dice quello che le parole non saprebbero dire altrettanto bene. Io ci sono, tu ci sei, potremmo essere ovunque e con chiunque e invece siamo qui, insieme. Per lavoro sono portata a parlare tanto tutto il giorno. E quando mettiamo a letto Sofia che poi ci ritroviamo sul divano, mi piace il momento in cui ci abbracciamo e restiamo qualche secondo in silenzio. Quello che siamo è racchiuso in quel gesto, quell’essere ancora noi due nonostante quel +1 ingombrante che occupa una parte gigante del nostro cuore, ma che non potrebbe essere lì se non fosse per me e te, in cima a tutto.
INVINCIBILI. So che lo siamo, lo sento. Sono quelle cose che fatichi a spiegare ma lo sai. Lo so da tanto. Nonostante i tanti problemi che abbiamo, le diversità nel vedere la vita, il modo in cui affrontiamo gli ostacoli, la visione del nostro futuro. E’ come se non importa quale strada percorreremo, perché alla fine del tragitto saremo ancora insieme. Più forti di tutto. Ed è questa consapevolezza che mi da forza ogni giorno di sopportare il lavoro insieme, i calzini lasciati fuori dalla cesta, il tuo bisogno di realizzarti anche al di fuori di quello che siamo io e nostra figlia e la nostra azienda. So che non importa come, perché siamo insieme. E questo vale più di tutto.

E sedici anni dopo le foto sono diventate tante al punto che ho dovuto metterle in un hard disk esterno. Tante foto, tanti attimi, momenti brutti tra una foto e l'altra ma poi, alla fine, quel sorriso che ci spunta sempre sulla faccia quando siamo insieme e ci fa dire che sì, ancora adesso, ogni giorno, ne vale la pena.



30 maggio 2020

Riflessione sui figli

Parto da qui. Se mi seguite, sapete sicuramente quanto mi piace questo monologo, scritto da Mattia Torre, che è stato preso come spunto per il film "Figli", con Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea. Mastandrea ha iniziato a recitare questo monologo a teatro, e ogni tanto me lo ricerco su YouTube perché ascoltare queste parole ha una potenza se possibile ancora maggiore. È come se qualcuno ti mettesse davanti uno specchio e dicesse al posto tuo quello che troppo spesso non si ha il coraggio di ammettere, nemmeno con se stessi. Ma leggere parola per parola, fino alla fine, è un atto di coraggio. Che, alla fine, ci lascia dentro un pochino di consapevolezza in più.

Recita così:
I figli invecchiano. Ma non invecchiano loro. Invecchiano te. I figli ti invecchiano perché passi le giornate curvo su di loro e la colonna prende per buona quella postura; perché parli lentamente affinché capiscano quel che dici e questo finisce per rallentare te; perché ti trasmettono malattie che il loro sistema immunitario sconfigge in pochi giorni e il tuo in settimane; perché ti tolgono il sonno per sempre. Assonnato e curvo, lento, acciaccato, sei nella terza età.

I figli ti invecchiano anche perché quando arrivano al mondo mettono fine, con violenza inaudita, a quella stagione di aperitivi feste e possibilità che ti sembravano il senso stesso della vita. Murato in casa e reso cieco da una congiuntivite, hai un vago ricordo di ciò che eri e di ciò che avresti ancora potuto esprimere, ma non sai più dire con precisione, hai solo molto sonno. I figli si insinuano nella tua mente in modo subdolo e perverso. Se sei con loro, ti soffocano; se non ci sono, ti mancano. Ci è successo di voler scappare dopo troppe ore insieme a loro, e poi trascorrere la serata in un ristorante a guardare le loro foto sul telefonino, straziati da una nostalgia senza senso perchè li avresti rivisti dopo un'ora...un'ora e mezza.

Parlo di figli al plurale perché quando ne hai uno solo l’impresa sembra ancora fattibile; magari il tuo primo e unico figlio è gentile, dorme, e sebbene l’assetto famigliare è nuovo, hai ancora l’illusione di essere te stesso, ma se per caso arriva il secondo, arriva come una deflagrazione. Nove mesi dopo che è nato il tuo secondo figlio, il tuo appartamento è un 41 bis. E quand’è così ogni scusa è buona per uscire: si litiga per chi deve fare la spesa o pagare il bollo della macchina, ci si catapulta fuori alla prima citofonata dell’Ama, e la sera ci si affaccia dalla finestra del bagno valutando le possibili conseguenze di un salto nel vuoto. Quando poi finalmente riesci a uscire di casa (la baby-sitter è la tua nuova esaltante, costosissima droga) ti rendi conto che il mondo fuori è ormai diverso e non fa più per te; la gente è vitale e allegra, tonica, e crede nel futuro. E tu ti aggiri a Trastevere come un revenant, lo sguardo perso, l’andatura incerta, l’inconfessabile desiderio di voler solo tornare a casa.
Inoltre perdi le tue certezze ideali; provavi una pena infinita per quelli che odiavano i weekend e bramavano il lunedì perché il lavoro li teneva lontani dai figli: ora sei così anche tu. Guardavi con sufficienza quelle case anni ’60 con una zona pensata per la tata: le desideri con tutte le forze e la notte fai sogni catastali. Ti sembrava sconcio che una famiglia viaggiasse con la filippina al seguito: non sogni altro. Sei un conservatore, non ti riconosci allo specchio e va benissimo così.

I figli poi tirano fuori la tua rabbia, perché devi saper dire NO anche quando non ne hai voglia, o quando quel giorno non hai la struttura emotiva per farlo. Quando lo esorti ad addormentarsi da solo per esempio, lui ce la fa, bravissimo in solitudine, tu sei attanagliato da un tale senso di colpa che insieme alla madre, distrutta pure lei, vai a svegliarlo e gli chiedi "Come va? Com'era? Come è andata? Che ne pensi di st'esperienza? Incredibile!" e lui ti guarda con un senso di confuso disprezzo, girandosi assonnato dall’altra parte. I figli invece alla fine ti invecchiano, perché sei già vecchio. In paesi dinamici ed evoluti, dove la democrazia non è un concetto così imprendibile come da noi, i genitori hanno 25 anni, sono forti, flessibili, giustamente incoscienti.  Qua se diventi padre intorno ai 35, 36, 38 anni? Tra gli altri genitori del nido vieni detto “Il giovane”; intorno a me, padri di cinquanta o sessant’anni con lo sguardo spento, la lombalgia e l’alito cimiteriale di chi non dorme da mesi. E hai comunque l’impressione che molti di loro, sono più in forma di te.

Ma più di tutto, conta ciò che i figli fanno alla tua mente. I figli ti fanno ripiombare, con una forza che neanche l’ipnosi, nel tuo passato più doloroso e remoto: l’odore degli alberi alle otto del mattino prima di entrare a scuola, la simmetrica precisione dell’astuccio, la catena sporca della bici, le merendine, la ghiaia, le ginocchia sbucciate. Questi ricordi, non so dire perché, sono la mazzata finale. La vita stessa, che credevi di aver incasellato in categorie discutibili ma tutto sommato valide, o comunque tue, sfugge via. Sei una piccola parte di un tutto più complesso e i gin-tonic hanno smesso di darti l’illusione dell’eternità. Sei un pezzo di un grande ingranaggio, e siccome siamo in Italia, l’ingranaggio è vecchio, arrugginito e si muove a fatica. D’altra parte, il tuo cuore non è mai stato così grande. 

Quanta verità in queste parole. Da quando sono madre vivo costantemente un eterno conflitto tra la me che ero e la me che sono diventata. Vorrei più tempo per me stessa e quando poi ce l'ho mi sembra sbagliato non essere con mia figlia, come se essere diventata madre abbia di conseguenza annullato il mio essere moglie, donna, imprenditrice, persona.



Mi pare impossibile che siano già passati più di 5 anni da quando mia figlia era un esserino quasi sempre dormiente, silenziosa, occupava pochissimo in termini di spazio fisico ma era stata così desiderata che nella mia vita le avevo già riservato uno spazio che mai avevo pensato potesse esistere. Io e mio marito avevamo quella faccia stralunata da ebeti un pò incoscienti. Avevo fatto uscire una anguria da un buco grande quanto una ciliegia, 5 giorni dopo il parto ero di nuovo in ufficio, con una neonata nell'ovetto, le emorroidi e il peso del mondo sulle spalle. Eppure mi pareva tutto facile. Ah, santi ormoni.


Poi il tempo è passato, Sofia è cresciuta, è cresciuta la mia azienda, sono cresciute le mie responsabilità ma sono cresciuta anche io, come donna e come mamma. Ogni giorno ci conosciamo un pò di più, diventiamo grandi insieme, quella bambina che solo 2 anni fa era in fissa con Peppa Pig adesso guarda video dei Me contro Te su You Tube e canta Baby K. Mi trovo un pò in difficoltà come madre di questa pre pre adolescente, che da una parte vuole ancora la ninna nanna per addormentarsi, e dall'altra cerca una sua indipendenza che io non sono ancora disposta a concederle. E penso a me e suo padre, ingenui, una parte di noi convinta che lei si sarebbe adattata alla nostra coppia, senza troppa difficoltà. E invece siamo stati noi, che come coppia, abbiamo dovuto imparare ad assecondare lei, i suoi ritmi, i suoi desideri. Perché spesso non è questione di viziare i propri figli. E' che loro sono la parte migliore di te, e tu gli dai la vita, non importa quello a cui rinunci tu, non importa se fai sesso meno spesso, se leggi di meno, ti fai una doccia meno lunga, mangi sempre roba fredda. E' tuo figlio, lo fai, non stai nemmeno a chiederti il perché, se è giusto o sbagliato.

E adesso che siamo usciti dalla fase peggiore della pandemia, che tra qualche giorno dovremmo poterci ricominciare a spostare liberamente, con che figli ci troviamo? Figli ai quali è stata tolta la scuola, sono venuti meno i rapporti con gli amici, le attività sportive, la loro normalità. E che in parte non sappiamo nemmeno bene quando la ritroveremo. Lo avevo già scritto qui che i bambini sono stati fantastici in tutti questi mesi. Ma sono altresì convinta che le conseguenze di tutto quello che è successo le vedremo nei prossimi mesi. Saremo in grado di aiutarli? Saremo genitori pronti a rispondere alle loro domande? Non lo so, quello che so è che il loro futuro, la loro vita, dipendono esclusivamente da noi.






25 maggio 2020

La felicità è una cosa semplice

Sono sempre più convinta che la felicità stia nelle piccole cose. Come una domenica mattina al parco dopo settimane in cui uscire è stato vietato. Il senso di libertà di correre nel parco, comunque con la mascherina, comunque tenendo le distanze. Ma correre al parco è un qualcosa che il tapis roulant non ti darà mai. Correre poi dietro a tua figlia che ha imparato ad andare in bicicletta senza rotelle 3 settimane fa e adesso si porterebbe la bicicletta ovunque, costringendoci a pedalare insieme a lei tutto il weekend, è qualcosa di ancora più bello.




Poi abbiamo visto una coppia di cigni e un'anatra. E Sofia ha incontrato un bambino. Mi hanno fatto una tenerezza infinita. Lui le ha detto che poteva dare un po' del suo pane all'anatra. Sofia lo ha ringraziato e sono stati una decina di minuti così, a dividersi il mangiare per l'anatra, ognuno con la sua mascherina, più ligi alle regole rispetto a tanti adulti menefreghisti, senza chiedersi come si chiamassero o altro. Così, senza troppe menate. Poi si sono salutati e "Mamma, il mio amico mi ha fatto dare da mangiare all'anatra". Il mio "amico". Mi ha fatto sorridere. Mi piace la facilità con cui i bambini si riconoscono a pelle, giocano insieme senza sovrastrutture. 



Sono tornata a casa e ho continuato a pensare per un po a quanto una cosa che fino a 4 mesi fa avremmo considerato banale, adesso sia un qualcosa che vale la pena di ricordare. Ma non ho avuto troppo tempo per rifletterci troppo. Perché ho dovuto prendere la bicicletta e fare altri 3 km in bici.
Eppure è stata una bella domenica mattina. Senza spendere 1 euro, senza video su YouTube, stando semplicemente insieme. Che in questo momento è e resta la cosa più importante che c'è. 

COSA MI PORTO NELL' ANNO NUOVO

Quest'anno gli anni saranno 39. Non me li sento, non sono pronta. Se penso che mia figlia ne compirà 9 poi! Mi sembra pazzesco quanto ve...