14 settembre 2014

IO E LE SALE D'ATTESA

Dopo aver vissuto per anni dalla parte di quelle che un figlio lo desideravano ma non lo avevano, essermi sorbita a denti stretti tutti i commenti/consigli/ compatimenti di gioiose mamme baciate dalla fortuna al primo tentativo, aver cercato di scendere a patti e poi finalmente accettato con serenità l'infertilità, ecco che adesso sono dall'altra parte. Non ancora una mamma mamma, non più una non mamma. Insomma, una quasi mamma, in una terra di mezzo in cui il più delle volte non mi sento molto a mio agio.

Forse questo è da imputare alla mia esperienza, alla fatica, al logoramento di aver sopportato e accettato più di quanto fosse umanamente possibile sopportare e accettare. Ma adesso sono qui, con tutto il mio pesante bagaglio di vissuto sulle spalle, una storia che se non mi conosci non puoi sapere. Ed è giusto così. Il fatto è che il mondo è vario, anche e soprattutto quando si tratta di gravidanza. E sto scoprendo che le persone come me sono in netta minoranza. Come me intendo quelle donne incinte che fanno fatica a dire che cosa provano davvero in questi mesi, con un fagottino nella pancia e mille emozioni nel cuore.

Venerdì sono andata a fare la curva glicemica (esperienza che consiglio caldamente se avete voglia di occupare in maniera alternativa 3 ore e passa di una vostra mattina qualunque!). Premesso che io sono una che detesta parlare nelle sale d'attesa. E ne ho viste e frequentate parecchie di sale d'attesa in questi anni. Eppure non mi sono mai sognata di attaccare bottone con qualcuno. Forse perché io per prima non avrei avuto voglia che qualcuno attaccasse bottone con me. Non eravamo al parco giochi, non ci stavamo divertendo, in caso contrario non avremmo avuto tutti certe facce tirate come quelle che mi ricordo ancora adesso nonostante siano passati mesi e mesi.

Comunque, dicevo. Sono a fare la dannata curva glicemica e scopro, mio malgrado, che non sono l'unica. C'è anche un'altra donna che, con tutti i 30 posti a sedere liberi che ci sono, si siede proprio accanto a me. Perché lo fai?????? Mi basta un minuto per capire che saranno ore luuuuuunghe. Questa si siede sospirando e mi guarda. Io non la guardo (mio tipico atteggiamento da stronza in sala d'attesa). Sospira ancora. Mi sembra di essere all'interno di un melodramma, le manca solo il fazzolettino ricamato per farsi aria perché si sente mancare. E poi, rendendosi conto che non sono interessata al siparietto, capisce che non ha altra scelta.

"Anche lei incinta?" mi chiede. Ora, va bene che ero molto magra oramai 6 mesi e passa fa e che sto mettendo su peso con una certa dignità, checché ne dica la mia ginecologa, ma ho pur sempre una pagnotta di 9 chili sul davanti davvero difficile da ignorare, soprattutto nelle ultime 2 settimane...secondo te ho mangiato troppo???
"Così pare" rispondo. Non voleva essere una risposta ironica, quanto una semplice constatazione. Non credevo necessario dover aggiungere altro. Pensavo che la pancia garantisse per me.
"Ah, non è sicura?" ricomincia invece questa.
Al che chiudo il mio ebook, in quanto è chiaro che nel 2014 una donna con un libro in mano non ha il diritto di essere lasciata in pace, e rispondo, sperando di mettere definitivamente a tacere la cosa.
"Sono di 26 settimane oggi e sono sicura, giuro" rispondo con un mezzo sorriso (devo affrontare ancora 2 prelievi e ho deciso di essere quantomeno conciliante. Il che non implica chiedere informazioni su di lei e scambiarci consigli e robe del genere).
"Ma sta benissimo, guardi che bella pelle che ha, e come è magra ancora! Io non sono nemmeno a 25 settimane, ho già preso 12 chili, fino a qualche giorno fa avevo le emorroidi, adesso invece ho la dissenteria per colpa del ferro...sto uno straccio. Le altre 2 volte non è stato così. Lei è la prima volta?".
"Sì, prima" rispondo ma sto ancora cercando di metabolizzare il fatto che una completa sconosciuta mi abbia parlato delle sue emorroidi e della diarrea.
"In effetti è così giovane, quanti anni ha? 24,25?" mi chiede continuando a sospirare.
"Veramente ne ho 30" rispondo, sperando che mia mamma si muova a tornare dalla spesa che le ho concesso di andare a fare prima che scoprissi che non sarei rimasta sola. Odio le sale d'attesa.
"Cavolo, cosa hai aspettato a fare?! Io ne ho 27 e per quando ne avrò 30 se continuo così sarò al quinto figlio!" e si mette a sghignazzare. Immagino si aspetti che io la segua nel suo eccesso di ilarità. Ma non ci riesco. Proprio non ce la faccio.
"Vado al bagno. Auguri!" le dico e mi alzo. Forse lei risponde qualcosa ma non la sento. Mi infilo in bagno e ci resto almeno 10 minuti.
Quando esco ho ripreso a respirare normalmente e mi accorgo che mia mamma è tornata. Fortunatamente il posto dove ero seduta io è stato occupato. Per tutto il resto del tempo che restiamo lì evito di guardarla e lei non si volta a cercarmi.
Mi metto le mani sulla pancia, faccio 2 carezze e Sofiego risponde con un calcio, evidentemente su di giri per il glucosio che gli ho sparato nel cordone ombelicale. Non posso fare a meno di pensare che quello che ha visto in me quella tizia, ovvero una 30enne al suo primo figlio, non è sbagliato. Lo sbaglio è il dedurre che io abbia voluto aspettare ad avere un figlio. E anche questa volta mi accorgo che ho ragione a non voler parlare con altre future mamme nelle sale d'aspetto. Io sono diversa. La mia storia è diversa. Difficile da spiegare, impossibile da capire.

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