Ci ho pensato e ripensato molto prima di fare questa cosa. Poi è capitata l'occasione giusta, arrivata al termine di settimane in cui la mia storia recente era tornata prepotentemente nella mia vita. E così l'ho fatto. Ho deciso che era arrivato il momento di parlarne, senza più giri di parole. La mia storia è in questo articolo, che si intitola "Una donna, il lavoro in proprio e la PMA". Alla fine in tutti gli anni travagliati che mi hanno portato a Sofia avevo sempre scritto tanto, in questo blog e su Facebook, delle mie difficoltà a restare incinta. Ma lo avevo fatto lasciando il tutto avvolto in un "si intuisce cosa stai facendo ma non chiamiamolo con il suo nome". Da parte mia non c'era vergogna, chiariamo subito questa cosa perché ci tengo tantissimo e non ho intenzione di dare adito a fraintendimenti. Sono ORGOGLIOSA, e lo scrivo in maiuscolo, di quello che ho fatto per arrivare a stringere tra le braccia la mia bambina.
Quello che ho fatto si chiama PMA, che sta per Procreazione Medicalmente Assistita. In due parole, per chi fosse completamente a digiuno in materia (anche se vi basta allungare il collo per trovare una coppia oggigiorno una coppia che conoscete e che convive con una diagnosi di infertilità), consiste in una serie di tecniche eseguite in laboratorio manipolando gameti maschili e femminili, per giungere ad una fecondazione dell'ovocita e quindi consentire una gravidanza anche a coppie dove lui, lei o entrambi, hanno difficoltà che non permettono il concepimento.
Ci sono vari livelli di PMA. Le tecniche meno "invasive" vengono utilizzate se il problema di infertilità pare essere arginabile con una semplice, diciamo così, spintarella di aiuto. Ci sono poi quelle che vengono chiamate "Tecniche di secondo livello", ossia quelle utilizzate per i casi più complicati e dove le possibilità di una gravidanza senza aiuto sono molto remote. Noi eravamo un caso disperato. Mi viene ancora da ridere se penso agli anni passati cercando di evitare una gravidanza, all'ansia per i ritardi del ciclo quando un bambino non era in programma. E poi l'ansia sperando in un ritardo del ciclo che invece si presentava sempre puntuale, la posizione a candela dopo i rapporti così gli spermatozoi si incanalavano, la temperatura basale da misurare ogni giorno come se fossi perennemente influenzata e il grafico excel compilato in ufficio ogni mattina per individuare il picco della temperatura, che avrebbe indicato il momento dell'ovulazione. Mi sento così stupida se mi guardo dall'esterno. Ma in quel momento, in quei mesi, tutto aveva un senso. Così doveva essere la mia vita.
Volevo quel bambino e non importava quanto stupida potessi apparire agli occhi
di mio marito o delle mie amiche che sapevano.
Sofia è
nata grazie ad una ICSI, che consiste nella microiniezione di un singolo
spermatozoo direttamente nell'ovocita. Simile per procedimento alla
FIVET ma con la sostanziale differenza che nel caso della ICSI si superano
gli ostacoli della fecondazione dell'ovocita. Infatti, mentre nella FIVET
l'ovocita viene messo a contatto con gli spermatozoi, di cui uno penetra
spontaneamente in vitro nell'ovocita, nella ICSI lo spermatozoo è
micro-iniettato, sotto guida microscopica, all'interno dell'ovocita, mediante
un macchinario chiamato micromanipolatore. Voi penserete: beh, fanno tutto loro, come puoi non restare incinta? Mica vero. Perché la PMA aggira il problema della fecondazione dell'ovulo, ma nel momento in cui l'ovulo si feconda e viene depositato nell'utero, poi hai le stesse possibilità di gravidanza di una donna "normale". Quindi tutto è affidato al caso, al destino, a Dio.
Per arrivare all'impianto degli ovuli si passa attraverso una stimolazione ormonale. Il che significa che la donna (e chi se no?!) si deve bucare la pancia, più volte al giorno, con siringhe piene zeppe di ormoni per far crescere e maturare quanti più ovociti possibili. Perché più ovuli = più possibilità di generare embrioni. Quindi tu affronti quelle settimane di bucate con l'unico obbiettivo di arrivare all'ultima ecografia sentendoti dire che hai prodotto 12,15,17,20 ovociti belli. Una gallina. Mi sentivo esattamente così.
Poi arrivi al pick-up, ossia il prelievo degli ovociti. Ti sedano (mezz'ora di sonno paradisiaco dal quale ti svegli senza ricordare nulla) e ti prelevano, risucchiandoli con una canula, i tuoi preziosi ovetti. Nello stesso tempo tuo marito, che non ha fatto un accidenti a parte disinfettare la tua pancia prima e dopo le bucate e dare i bacini sui lividi grossi come pompelmi che ti compaiono sottocute dopo l'ennesimo prelievo, fa il suo dovere di uomo. Ossia, fornire il campione di sperma. Come? Ovviamente tramite masturbazione. In pratica alla donna prosciugano le viscere, all'uomo danno una saletta con tanto di dvd e giornaletti e gli dicono "Fai pure con calma". Ah, le ingiustizie della vita. Il mio pick-up è stato venerdì 28 marzo 2014. C'erano mio marito e mia mamma, le persone che più avevano vissuto da vicino tutta quella storia. Non sarei arrivata fino a lì se loro non mi avessero dato la forza.
Uno dei momenti più brutti è tra il pick-up e il transfer, perché in quelle ore può succedere di tutto. Può essere che il centro ti chiami e ti dica che nessuno dei tuoi ovociti è stato fecondato. E in quel momento fine dei giochi, devi ricominciare da capo.
A noi fortunatamente non è successo. Quando siamo tornati al centro, era lunedì 31 marzo 2014. Mi avevano prelevato 11 ovociti, 6 erano stati crioconservati, sui 6 rimasti e fecondati 2 mi sarebbero stati impiantati, 2 erano stati congelati e 1 non era sopravvissuto. Sapevo benissimo che le possibilità di una gravidanza gemellare erano altissime. Ma non mi importava, avevo calcolato il rischio. Meglio 2 bambini, che nessuno. La sonda che permetteva l'inserimento degli embrioni ha una luce alla sua estremità, per vedere il corretto posizionamento. Quando gli embrioni entrano in contatto con l'utero e si appoggiano, finalmente a casa, sembrano delle stelline. Ero lì, sdraiata, ho guardato il monitor e mi sono detta: Hai fatto tutto il possibile, ora non dipende più da te.
4 giorni dopo il transfer mi hanno ricoverata d'urgenza. Ero andata in iperstimolazione, ossia la stimolazione ormonale per produrre gli ovociti aveva ingrossato a dismisura le mie ovaie, provocandomi dei dolori allucinanti (che, lo dico sempre, meglio il parto). Mi hanno tenuta ricoverata 3 giorni, poi ho firmato e sono venuta a casa. Non dissi a nessuno del ricovero, solo i miei e le mie amiche più care sapevano che ero in ospedale. I miei suoceri, le mie nonne, nessuno. Non aveva senso farli preoccupare. Quando arrivai a casa non stavo per niente bene, ma dovevo tornare in ufficio. Ero convinta che fosse tutto finito, non volevo nemmeno fare le beta come vi avevano detto di fare al centro, 14 giorni post transfer. Credevo che a seguito dell'iperstimolazione le mie 2 stelline mi avessero lasciato.
Il 14 aprile 2014 feci le beta. Risultato: 215. Rimasi di stucco. Quando andammo a fare la prima ecografia al Centro PMA chiesi subito quanti erano. Dopo le beta il mio pensiero fisso era diventato: Cosa faccio se sono 2? Come gestisco il lavoro e 2 bambini? Non mi vergogno a dire che ero terrorizzata! Si vide una camera gestazionale. Uno. Ero al settimo cielo.
9 mesi e vari incidenti di percorso dopo nacque Sofia. Il mio miracolo. Nata grazie a persone stupende che permettono a persone come me di realizzare il sogno della loro vita. Essere genitori. Grazie alla scienza, alla quale sarò eternamente e infinitamente grata.
E adesso? Adesso ci sono ancora 2 embrioni crioconservati, i nostri pinguini, che ci aspettano al centro, quando e saremo pronti ad allargare la famiglia. Per ora stiamo bene così, genitori felice e orgogliosi di Sofia, così intensamente desiderata al punto da andare contro a tanti pregiudizi e opinioni per averla qui con noi. Lei era destinata a noi, bisognava solo trovare il modo giusto per congiungerci. La PMA lo ha reso possibile.
Grazie mille Sara per aver deciso di raccontare la tua storia attraverso il nostro magazine. Sono ormai molte le donne che ricorrono alla fecondazione per avere un figlio, e non c'è davvero nulla da vergognarsi. Un abbraccio forte alla mamma e alla piccola Sofia.
RispondiEliminaLa PMA permette a moltissime donne di realizzare il proprio sogno di maternità. Sono orgogliosa di poter guardare mia figlia ogni giorno sapendo quanto intensamente io e il suo papà l'abbiamo desiderata. Stringerla tra le braccia è la cosa più bella che potessi avere dalla vita. Parlarne non è facile perché dietro ad ogni storia c'è tanto dolore, ma sono felice di averlo fatto :)
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