25 aprile 2020

La fase 2 e la convivenza con la paura


Un anno fa come oggi eravamo a Creta. Sono stati giorni meravigliosi, abbiamo visto un mare fantastico ed è stato un viaggio di prime volte. Era la prima volta che noleggiavamo una macchina per spostarci, avevo organizzato tutto quanto da sola ed ero terrorizzata all'idea che qualcosa andasse storto. Invece siamo stati benissimo, Sofia si è divertita e io ho staccato la spina qualche giorno. Mentre eravamo sul volo di ritorno ricordo di avere pensato come molto spesso ci facciamo condizionare il presente dalle paure che abbiamo in merito al futuro e che nella maggior parte dei casi si rivelano sempre immotivate e frutto solo delle nostre ansie. 



Un anno dopo non c'è nessun viaggio ad attenderci all'orizzonte (o meglio c'è, ma pare oramai scontato che non potrà essere goduto, ma questa è un'altra storia) ma c'è una nuova, fortissima, paura di quello che accadrà. Siamo in lockdown oramai da quasi 2 mesi, dalla sera alla mattina siamo stati costretti a cambiare le nostre abitudini. Basta fare la spesa dove vogliamo perché è fuori dal nostro comune, basta acquistare qualunque cosa che non rientri tra quelle considerate essenziali, basta vedere parenti e amici che non vivono in casa con noi, bambini e ragazzi a casa da asili e scuole senza alcuna prospettiva di ripresa. Ad un certo punto basta andare a lavorare. È innegabile che tutto questo sia stato uno shock per ciascuno di noi. Poi, come ogni cosa, ci siamo abituati
Chi più chi meno se ne è fatto una ragione e tra una lezione a distanza, una torta fatta in casa, una conference call e una spesa settimanale con mascherina e guanti, siamo arrivati a questo punto. Il 4 maggio il lockdown finirà, ci saranno degli allentamenti sulle restrizioni e un po alla volta dovremmo tornare a vivere una specie di normalità. 

Il fatto è che sarà una normalità nuova di quelle mai sperimentate prima. Normalità sarà il guardare con sospetto quello che in coda alla cassa dietro di noi starnutisce, normalità sarà acquistare a scatola chiusa su internet piuttosto che andare in un negozio a provarmi un abito che tra attesa, distanze e infibite precauzioni, rischio che il vestito che mi serve per l'estate me lo comproa Natale.
Questi mesi senza alcuni negozi e centri commerciali ci hanno fatto capire che possiamo fare a meno di un sacco di cose. Che, di pari passo con la paura di un eventuale nuovo contagio, ci porterà a dire "Grazie, ma no grazie". E chissà a questo punto con che situazione economoca dovremo avere a che fare, le ripercussioni a catena su tutti i settori.
Io non mi sento pronta a pensare di andare in un ristorante, nemmeno con la distanza di 2 metri, nemmeno con il plexiglas che ci divide. Preferisco saltare. Vogliamo parlare poi di situazioni dove, nemmeno 2 mesi fa, ci ammassavamo senza alcun timore come un concerto o anche il momento in cui ci si accalcava per scendere dall'aereo?
Siamo così desiderosi di riprenderci la nostra libertà che non ci fermiamo a pensare se vale davvero correre il rischio. Io in questo momento, per il 90% delle cose che potenzialmente potrei riprendere a fare quando a maggio ci verrà concesso, rispondo no.

Dico che tornerò a fare la spesa nel mio supermercato preferito che non è nel mio comune. Dico che vorrei provare con gradualità a tornare a correre durante la pausa pranzo, in solitaria come facevo prima. Dico che mi piacerebbe sfruttare il Mc Drive di Mc Donald's fosse solo per non dover cucinare ogni pasto anche quando non ho il tempo durante la pausa del mezzogiorno. Dico che vorrei, fortissimamente vorrei, rivedere i miei amici e far siche Sofia possa ritrovare i suoi, visto che non si sa quando verrà permesso ai bambini di tornare alla loro, di normalità. Ecco, quando mi verrà data la possibilità vorrei fare questo.

Uscirò con la mascherina, non mi importa. La utilizzo al lavoro, la faccio portare a Sofia, sto facendo si che diventi una parte della normalità che potremo vivere tra qualche settimana. 


Non mi costa troppo, è un qualcosa che faccio in primis per proteggere me, la mia famiglia, i miei dipendenti, le persone con cui entro in contatto. Un mio fornitore l'altro giorno mi ha detto che con le persone con cui lavori stringi un patto di fiducia, non possiamo sapere cosa fanno gli altri quando non sono con noi, chi incontrano, se si proteggno. Quindi dobbiamo noi in primis essere responsabili per noi stessi e per gli altri.

Una ultima cosa vorrei dire, sempre sulla mascherina. Portare la mascherina non vi impedisce di sorridere. Sorridete quando incontrate qualcuno. Il sorriso si percepisce
E, soprattutto, ve lo si legge negli occhi. Siamo vivi, credo che sia un motivo più che sufficiente per farlo.


19 aprile 2020

I bambini, i migliori ad affrontare il Covid-19

Questa rivelazione mi è piovuta addosso qualche giorno fa, mentre mettevo a Sofia la mascherina che le abbiamo adattato con tanto di stemma di un gatto e un cane. 

Ma cosa stanno capendo davvero i bambini di questa situazione? Mettiamoci per un attimo nei loro panni. Vigilia di Carnevale, esplode il primo caso di Coronavirus in Italia. La domenica 23 Febbraio ci sono programmate le sfilate di carnevale nei vari oratori, i bambini da giorni si stanno raccontando come si vestiranno e quanti coriandoli si lanceranno. La domenica mattina, a 3 ore dall'inizio delle sfilate, i sindaci annullano tutti gli eventi in programma.

Non sappiamo ancora nulla, questo virus made in China è ancora semi sconosciuto e tutti ci dicono che è una specie di influenza. Lunedì 24 e martedì 25 Febbraio asili e scuole sono chiuse per il carnevale. Ad oggi possiamo dire, con discreta certezza, che venerdì 21 Febbraio è stato l'ultimo giorno di questo anno didattico 2019/2020. In mezzo, un lockdown che dura da inizio marzo e che ci sta mettendo tutti in ginocchio. Come lavoratori, come persone, come genitori. Quello che ci dicono non è rassicurante: si pensa che in autunno arriverà una seconda ondata di contagi quando ancora non siamo riusciti ad arrestare la prima, dubbi assoluti su come affronteremo l'estate, dubbi ancora più inquietanti su come riprenderanno le scuole a settembre.

E lì, senza risposte, ci sono i bambini. Bambini che si sono visti privare delle loro certezze dalla sera alla mattina. Penso ai bambini della scuola dell'infanzia, perché mia figlia ha 5 anni ed è all'ultimo anno di asilo. Il mercoledì dovevano rientrare all'asilo, rivedere i compagni e invece niente, sono più di 40 giorni che giocano da soli o, se sono fortunati, coi fratelli. Vedono gli amichetti in videochiamata. Niente più parchi gioco, giri in bicicletta, passeggiate, visite dai nonni. Niente. Dalla sera alla mattina gli abbiamo strappato tutte le loro certezze. E loro, con un incrollabile atto di fede, vanno avanti. Non hanno possibilità di capire davvero tutte le implicazioni che questo periodo comporta e comporterà.

Loro sanno che si sentono sempre rispondere di no. O delle risposte che per loro significano comunque quello.
Possiamo andare al parco? No
Possiamo andare dalla nonna? No
Possiamo andare a gardaland? No
Posso andare al corso di inglese? No
Posso andare al corso in piscina? No
Posso fare un giretto qui davanti con la bicicletta? Si ma devi mettere la mascherina
Possiamo andare al mare? No, per adesso no.
Possiamo andare in aereo? No
Posso tornare all'asilo dalla mia maestra e dai miei amici che mi mancano tanto? No
Nonono. Noi genitori passiamo gran parte della giornata vietando ai nostri figli cose che prima erano date per scontate, facevano parte della loro quotidianità.

Adesso invece la quotidianità è fatta di giochi in casa o al massimo sul terrazzo nonostante i 26 gradi, di attività e lavoretti che per quanto tu ti sforzi non sarai mai nemmeno lontanamente come Giovanni Muciaccia, che ti è pure sempre stato un po' sulle palle, di equilibrismi tra lavoro tuo e gioco con lei, che per quanto ti impegni lei non apprezzerà mai abbastanza e vorrà sempre un po'di più di quello che tu, dopo 10 ore di lavoro e un milione di pensieri, puoi umanamente offrirle.


Eppure i bambini continuano a sorridere, trovano comunque un gioco da fare, vivono con la convinzione che questa situazione prima o poi finirà. E si riprenderanno in mano la loro vita, fatta di piccole azioni abitudinarie che sono le sole certezze che hanno, insieme all'amore dei loro genitori.
Oggi invece che la loro quotidianità è completamente smembrata, restiamo solo noi a dargli la certezza che andrà tutto bene. Magari noi non riusciamo a crederci davvero al 100%, ma non dobbiamo dimenticare mai che i bambini ci guardano come un esempio, come la verità assoluta, si fidano ciecamente di noi e noi non possiamo tradirli. Quindi cerchiamo sempre di sorridere e di abbracciarli, più di quanto abbiamo mai fatto in ogni altro momento da quando sono venuti al mondo. Sorridere e abbracciare, due azioni semplici ma che per i nostri figli significano "Andrà tutto bene" più di qualsiasi arcobaleno potranno mai disegnare. Perché sono gesti che arrivano da noi. Noi siamo il loro tutto, è nostro dovere tenerli al sicuro. Almeno questo glielo dobbiamo, in cambio della loro fiducia incondizionata, in questo momento in cui di certezze, noi adulti, ne abbiamo sempre meno.




11 aprile 2020

La fortuna, nonostante tutto

In queste settimane sto riflettendo molto. Soprattutto su quanto poco siamo capaci di apprezzare quello che abbiamo e sovrastimiamo invece l'importanza di quello che non abbiamo. Ogni mattina dovremmo svegliarci e trovare 3 cose per cui essere grati. All'inizio si fa un po di fatica, poi quando ci si inizia a guardare dentro si scoprono cose che prima sottovalutavamo. O davamo per scontate.

La prima, in questo momento, per me, è la famiglia. Che non ho mai dato per scontata ma che certe volte mi ha fatto sentire in gabbia. Sapere che mia figlia, mio marito, i miei genitori, le mie nonne, stanno bene e sono in salute è un qualcosa per cui devo dire grazie ogni giorno. Siamo stati colpiti dal lutto molto da vicino nelle scorse settimane, la nonna di mio marito ci ha lasciati e non siamo nemmeno potuti andare al suo funerale. Non è nemmeno stato possibile fare un vero funerale. Il cimitero sarà uno dei primi posti dove andare quando saremo liberi. Da lei e anche dai miei nonni. Sicuramente stanno vegliando su di noi in questo momento.

Il lavoro. Il lavoro è il cruccio più grande per la maggior parte di noi in questo momento. Chi è dipendente ha paura di perdere il posto, chi è imprenditore ha paura di non poter mantenere gli impegni presi con dipendenti, fornitori, clienti. Ognuno sta cercando di atrraversare il deserto con quante più scortedi acqua disponibili. Non sappiamo quanto è lungo il cammino, sappiamo che dobbiamo andare avanti. Da lunedì abbiamo ripreso a lavorare, con tutte le precauzioni del caso, a ritmo più ridotto del solito. Ma ci siamo rimessi in cammino. Le 2 settimane di stop forzato sono state indipendenti dalla nostra volontà, ci è stato imposto per il bene comune e lo abbiamo fatto. Ma ora che i nostri clienti hanno bisogno, essendoci le condizioni per lavorare in sicurezza, è giusto e doveroso rispondere presente. Per poter consegnare, per poter fatturare, per poter continuare a stipendiare i collaboratori, che sono oggi e sempre la mia priorità. Poter dare loro delle sicurezze in questo momento è una fortuna da non dare per scontata. Quindi mai come in questo momento lavorare non mi pesa, è semplicemente la cosa giusta da fare.



E poi la gratitudine per tutto quel pacchetto di benefit di cui possiamo usufruire quotidianamente. Una bella casa con un balcone ampio su cui pranzare, giocare, studiare, prendere il sole, isolarsi. La possibilità di fare la spesa ogni settimana togliendosi qualche sfizio per noi e soprattutto per la bimba. Avere l'abbonamento a Sky, il Kindle unlimited, i giornali in versione digitale. Sono tutte cose che rendono migliore e meno pesante il nostro restare in casa. Personalmente parlando il restare a casa non mi riesce difficile. Mi piace godermi la mia casa e fare cose che magari durante l'anno non posso fare per mancanza di tempo. Per esempio in questo weekend imbiancheremo il box, o meglio questa è l'idea. Mi rendo conto che ci sono persone che magari sono in 5 in 70 mq, senza balcone, con dei bambini che devono svolgere la didattica a distanza.


Insomma, sono fortunata. E me ne accorgo oggi più che in qualunque altro momento.

In questa Pasqua dove saremo separati dalle nostre famiglie, cerchiamo di apprezzare al massimo quello che abbiamo per poi, quando potremo ripartire, tenere con noi solo ciò che è davvero importante. Le persone, le cose. Solo l'essenziale. 

COSA MI PORTO NELL' ANNO NUOVO

Quest'anno gli anni saranno 39. Non me li sento, non sono pronta. Se penso che mia figlia ne compirà 9 poi! Mi sembra pazzesco quanto ve...