Parto da qui. Se mi seguite, sapete sicuramente quanto mi piace questo monologo, scritto da Mattia Torre, che è stato preso come spunto per il film "Figli", con Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea. Mastandrea ha iniziato a recitare questo monologo a teatro, e ogni tanto me lo ricerco su YouTube perché ascoltare queste parole ha una potenza se possibile ancora maggiore. È come se qualcuno ti mettesse davanti uno specchio e dicesse al posto tuo quello che troppo spesso non si ha il coraggio di ammettere, nemmeno con se stessi. Ma leggere parola per parola, fino alla fine, è un atto di coraggio. Che, alla fine, ci lascia dentro un pochino di consapevolezza in più.
Recita così:
I figli invecchiano. Ma non invecchiano loro. Invecchiano te. I figli ti invecchiano perché passi le giornate curvo su di loro e la colonna prende per buona quella postura; perché parli lentamente affinché capiscano quel che dici e questo finisce per rallentare te; perché ti trasmettono malattie che il loro sistema immunitario sconfigge in pochi giorni e il tuo in settimane; perché ti tolgono il sonno per sempre. Assonnato e curvo, lento, acciaccato, sei nella terza età.
I figli ti invecchiano anche perché quando arrivano al mondo mettono fine, con violenza inaudita, a quella stagione di aperitivi feste e possibilità che ti sembravano il senso stesso della vita. Murato in casa e reso cieco da una congiuntivite, hai un vago ricordo di ciò che eri e di ciò che avresti ancora potuto esprimere, ma non sai più dire con precisione, hai solo molto sonno. I figli si insinuano nella tua mente in modo subdolo e perverso. Se sei con loro, ti soffocano; se non ci sono, ti mancano. Ci è successo di voler scappare dopo troppe ore insieme a loro, e poi trascorrere la serata in un ristorante a guardare le loro foto sul telefonino, straziati da una nostalgia senza senso perchè li avresti rivisti dopo un'ora...un'ora e mezza.
Parlo di figli al plurale perché quando ne hai uno solo l’impresa sembra ancora fattibile; magari il tuo primo e unico figlio è gentile, dorme, e sebbene l’assetto famigliare è nuovo, hai ancora l’illusione di essere te stesso, ma se per caso arriva il secondo, arriva come una deflagrazione. Nove mesi dopo che è nato il tuo secondo figlio, il tuo appartamento è un 41 bis. E quand’è così ogni scusa è buona per uscire: si litiga per chi deve fare la spesa o pagare il bollo della macchina, ci si catapulta fuori alla prima citofonata dell’Ama, e la sera ci si affaccia dalla finestra del bagno valutando le possibili conseguenze di un salto nel vuoto. Quando poi finalmente riesci a uscire di casa (la baby-sitter è la tua nuova esaltante, costosissima droga) ti rendi conto che il mondo fuori è ormai diverso e non fa più per te; la gente è vitale e allegra, tonica, e crede nel futuro. E tu ti aggiri a Trastevere come un revenant, lo sguardo perso, l’andatura incerta, l’inconfessabile desiderio di voler solo tornare a casa.
Inoltre perdi le tue certezze ideali; provavi una pena infinita per quelli che odiavano i weekend e bramavano il lunedì perché il lavoro li teneva lontani dai figli: ora sei così anche tu. Guardavi con sufficienza quelle case anni ’60 con una zona pensata per la tata: le desideri con tutte le forze e la notte fai sogni catastali. Ti sembrava sconcio che una famiglia viaggiasse con la filippina al seguito: non sogni altro. Sei un conservatore, non ti riconosci allo specchio e va benissimo così.
I figli poi tirano fuori la tua rabbia, perché devi saper dire NO anche quando non ne hai voglia, o quando quel giorno non hai la struttura emotiva per farlo. Quando lo esorti ad addormentarsi da solo per esempio, lui ce la fa, bravissimo in solitudine, tu sei attanagliato da un tale senso di colpa che insieme alla madre, distrutta pure lei, vai a svegliarlo e gli chiedi "Come va? Com'era? Come è andata? Che ne pensi di st'esperienza? Incredibile!" e lui ti guarda con un senso di confuso disprezzo, girandosi assonnato dall’altra parte. I figli invece alla fine ti invecchiano, perché sei già vecchio. In paesi dinamici ed evoluti, dove la democrazia non è un concetto così imprendibile come da noi, i genitori hanno 25 anni, sono forti, flessibili, giustamente incoscienti. Qua se diventi padre intorno ai 35, 36, 38 anni? Tra gli altri genitori del nido vieni detto “Il giovane”; intorno a me, padri di cinquanta o sessant’anni con lo sguardo spento, la lombalgia e l’alito cimiteriale di chi non dorme da mesi. E hai comunque l’impressione che molti di loro, sono più in forma di te.
Ma più di tutto, conta ciò che i figli fanno alla tua mente. I figli ti fanno ripiombare, con una forza che neanche l’ipnosi, nel tuo passato più doloroso e remoto: l’odore degli alberi alle otto del mattino prima di entrare a scuola, la simmetrica precisione dell’astuccio, la catena sporca della bici, le merendine, la ghiaia, le ginocchia sbucciate. Questi ricordi, non so dire perché, sono la mazzata finale. La vita stessa, che credevi di aver incasellato in categorie discutibili ma tutto sommato valide, o comunque tue, sfugge via. Sei una piccola parte di un tutto più complesso e i gin-tonic hanno smesso di darti l’illusione dell’eternità. Sei un pezzo di un grande ingranaggio, e siccome siamo in Italia, l’ingranaggio è vecchio, arrugginito e si muove a fatica. D’altra parte, il tuo cuore non è mai stato così grande.
Quanta verità in queste parole. Da quando sono madre vivo costantemente un eterno conflitto tra la me che ero e la me che sono diventata. Vorrei più tempo per me stessa e quando poi ce l'ho mi sembra sbagliato non essere con mia figlia, come se essere diventata madre abbia di conseguenza annullato il mio essere moglie, donna, imprenditrice, persona.
Poi il tempo è passato, Sofia è cresciuta, è cresciuta la mia azienda, sono cresciute le mie responsabilità ma sono cresciuta anche io, come donna e come mamma. Ogni giorno ci conosciamo un pò di più, diventiamo grandi insieme, quella bambina che solo 2 anni fa era in fissa con Peppa Pig adesso guarda video dei Me contro Te su You Tube e canta Baby K. Mi trovo un pò in difficoltà come madre di questa pre pre adolescente, che da una parte vuole ancora la ninna nanna per addormentarsi, e dall'altra cerca una sua indipendenza che io non sono ancora disposta a concederle. E penso a me e suo padre, ingenui, una parte di noi convinta che lei si sarebbe adattata alla nostra coppia, senza troppa difficoltà. E invece siamo stati noi, che come coppia, abbiamo dovuto imparare ad assecondare lei, i suoi ritmi, i suoi desideri. Perché spesso non è questione di viziare i propri figli. E' che loro sono la parte migliore di te, e tu gli dai la vita, non importa quello a cui rinunci tu, non importa se fai sesso meno spesso, se leggi di meno, ti fai una doccia meno lunga, mangi sempre roba fredda. E' tuo figlio, lo fai, non stai nemmeno a chiederti il perché, se è giusto o sbagliato.
E adesso che siamo usciti dalla fase peggiore della pandemia, che tra qualche giorno dovremmo poterci ricominciare a spostare liberamente, con che figli ci troviamo? Figli ai quali è stata tolta la scuola, sono venuti meno i rapporti con gli amici, le attività sportive, la loro normalità. E che in parte non sappiamo nemmeno bene quando la ritroveremo. Lo avevo già scritto qui che i bambini sono stati fantastici in tutti questi mesi. Ma sono altresì convinta che le conseguenze di tutto quello che è successo le vedremo nei prossimi mesi. Saremo in grado di aiutarli? Saremo genitori pronti a rispondere alle loro domande? Non lo so, quello che so è che il loro futuro, la loro vita, dipendono esclusivamente da noi.
Mi pare impossibile che siano già passati più di 5 anni da quando mia figlia era un esserino quasi sempre dormiente, silenziosa, occupava pochissimo in termini di spazio fisico ma era stata così desiderata che nella mia vita le avevo già riservato uno spazio che mai avevo pensato potesse esistere. Io e mio marito avevamo quella faccia stralunata da ebeti un pò incoscienti. Avevo fatto uscire una anguria da un buco grande quanto una ciliegia, 5 giorni dopo il parto ero di nuovo in ufficio, con una neonata nell'ovetto, le emorroidi e il peso del mondo sulle spalle. Eppure mi pareva tutto facile. Ah, santi ormoni.
Poi il tempo è passato, Sofia è cresciuta, è cresciuta la mia azienda, sono cresciute le mie responsabilità ma sono cresciuta anche io, come donna e come mamma. Ogni giorno ci conosciamo un pò di più, diventiamo grandi insieme, quella bambina che solo 2 anni fa era in fissa con Peppa Pig adesso guarda video dei Me contro Te su You Tube e canta Baby K. Mi trovo un pò in difficoltà come madre di questa pre pre adolescente, che da una parte vuole ancora la ninna nanna per addormentarsi, e dall'altra cerca una sua indipendenza che io non sono ancora disposta a concederle. E penso a me e suo padre, ingenui, una parte di noi convinta che lei si sarebbe adattata alla nostra coppia, senza troppa difficoltà. E invece siamo stati noi, che come coppia, abbiamo dovuto imparare ad assecondare lei, i suoi ritmi, i suoi desideri. Perché spesso non è questione di viziare i propri figli. E' che loro sono la parte migliore di te, e tu gli dai la vita, non importa quello a cui rinunci tu, non importa se fai sesso meno spesso, se leggi di meno, ti fai una doccia meno lunga, mangi sempre roba fredda. E' tuo figlio, lo fai, non stai nemmeno a chiederti il perché, se è giusto o sbagliato.
E adesso che siamo usciti dalla fase peggiore della pandemia, che tra qualche giorno dovremmo poterci ricominciare a spostare liberamente, con che figli ci troviamo? Figli ai quali è stata tolta la scuola, sono venuti meno i rapporti con gli amici, le attività sportive, la loro normalità. E che in parte non sappiamo nemmeno bene quando la ritroveremo. Lo avevo già scritto qui che i bambini sono stati fantastici in tutti questi mesi. Ma sono altresì convinta che le conseguenze di tutto quello che è successo le vedremo nei prossimi mesi. Saremo in grado di aiutarli? Saremo genitori pronti a rispondere alle loro domande? Non lo so, quello che so è che il loro futuro, la loro vita, dipendono esclusivamente da noi.