Dall'ultima volta che ho scritto, la situazione in Italia e ancora di più nella nostra provincia è letteralmente precipitata. Ed è così che ci troviamo con l'azienda chiusa da ieri, ad informarci su cassa integrazione e a chiederci che mercato troveremo alla riapertura. Già, la riapertura. Ad oggi il decreto impone la chiusura di tutte le attività produttive non essenziali fino al 3 aprile. E poi? Cosa succederà? Liberi tutti o proroga delle misure restrittive? In base a quanto tempo saremo costretti a restare chiusi, le conseguenze saranno più o meno devastanti.
Ma in questo momento in cui non ci sono certezze, non possiamo fare altro che continuare a lavorare da casa per essere pronti a ripartire quando sarà il momento. Ed ecco che entra in gioco lui. Lo smart working. Terrore e incubo di qualunque donna con figli (soprattutto se piccoli).
Oggi è stato il mio quarto giorno. E dopo 4 giorni, di cui 3 passati sole io e mia figlia perché Daniele era in azienda a concludere le ultime cose prima della chiusura forzata, posso assolutamente confermare senza ombra di dubbio che lo smart working è il male.
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Sofia durante la lezione di E-learning di inglese di oggi...50 minuti di attività diversa dal solito! |
Sofia non è abituata a me e mio marito che lavoriamo entrambi da casa. Per lei è come se fosse un lungo continuato weekend, in cui noi dovremmo giocare con lei in ogni momento. Peccato che dobbiamo lavorare, non siamo in vacanza. Quindi ho predisposto un programma giornaliero, un altro, l'ennesimo, in cui io e Daniele ci alterniamo. Uno lavora e l'altro sta con Sofia. Ovviamente il lavoro procede a singhiozzo, Sofia vuole attenzioni (quasi sempre da me) e si arriva a sera con addosso una dose pericolosa di nervosismo e senso di insoddisfazione. Ecco il motivo per cui sento di non riuscire a lavorare bene da casa, perché non posso concentrarmi al 100% e questo mi lascia irrequieta.
Da quando sabato notte Conte ha dato la notizia della nuova stretta sulle aziende, tutte le nostre certezze sono crollate. Ho dovuto trasferire metà ufficio a casa, dire ai nostri collaboratori che non ci sarebbe stato nessun lavoro dove andare il lunedì mattina. È stata dura, durissima. E ancora oggi fatico a rendermi conto che tutto questo sta succedendo davvero, a marzo 2020.
Da quando sabato notte Conte ha dato la notizia della nuova stretta sulle aziende, tutte le nostre certezze sono crollate. Ho dovuto trasferire metà ufficio a casa, dire ai nostri collaboratori che non ci sarebbe stato nessun lavoro dove andare il lunedì mattina. È stata dura, durissima. E ancora oggi fatico a rendermi conto che tutto questo sta succedendo davvero, a marzo 2020.
In questi giorni porteremo avanti la parte amministrativa, i preventivi, il marketing, cercheremo di tutelarci il più possibile in previsione di quello che potrà succedere. Spingeremo l'acceleratore sulla parte formazione. Quello che sta succedendo non ci lascia tranquilli. È un momento difficile perché questo maledetto virus ha fatto vittime tra persone che conoscevamo, persone alle quali volevamo bene. E oltre alla preoccupazione per la salute c'è la preoccupazione per il lavoro, per i nostri dipendenti, per i clienti. Insomma, questo 2020 sembra destinato ad essere davvero un anno da dimenticare.
Lavorare in casa con Sofia è estremamente complicato. Arrivo a sera sfinita, stanca più di quanto io non sia quando vado in ufficio. Ma mia figlia è anche l'unica cosa che in questo momento mi fa apprezzare la vita. Lei tutto sommato è serena, certo chiede ogni giorno quando si tornerà all'asilo, quando si riprenderà a viaggiare, vorrebbe andare al parco, uscire, ritornare alla sua vita di sempre. Rivedere i suoi nonni, i suoi amici. La capisco benissimo, perché sono le stesse cose che vorrei io. Vorrei andare al Mc Donald's, prenotare un volo con la certezza di poter fare quel viaggio, rivedere il mio nipotino, i miei genitori,le mie amiche. E abbracciarle con una consapevolezza diversa. La consapevolezza di chi in queste settimane di isolamento ha capito chi e cosa conta davvero. L'isolamento forzato sta comportando una selezione naturale anche rispetto alle conoscenze. Il superfluo, nonostante il maggior tempo che abbiamo, non è qualcosa che siamo più disposti ad assecondare. Questo periodo ci fa rendere conto di quanto, nonostante tutto, siamo fortunati. E che la salute, alla fine, è davvero l'unica cosa che conta.
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