Domenica siamo stati a Milano. Andare a Milano nel periodo di Natale è come assistere ad un meraviglioso esperimento su quanto la razza umana sia stupida.
Premessa, perché detto così sembra che io mi stia dando della scema da sola. Non sono stata a Milano per fare shopping ma per andare a teatro a vedere Angelo Pintus (spettacolo che anche questa volta si è rivelato divertente, 2 ore e mezza di risate e riflessioni). Solo che, per arrivare al Teatro Manzoni che è praticamente in centro a Milano, è impossibile evitare il delirio di Piazza Duomo, Corso Vittorio Emanuele e soprattutto LEI, la via dove niente è mai abbastanza assurdo per essere mostrato al mondo. Via Montenapoleone.
Tutti gli anni bene o male sotto Natale un salto a Milano mi piace farlo, per l'atmosfera che si respira, per l'albero in Piazza Duomo, per le luminarie. Per vedere quanto la gente che durante l'anno piange miseria riesce comunque a riempirsi le braccia di pacchi di ogni forma e dimensione. L'elogio dell'incoerenza proprio. Che poi, diciamocela tutta, gente. Chi ha i soldi secondo voi viene a comprare in Via Montenapo la domenica pomeriggio dove c'è un delirio che nemmeno riesci a camminare? No. La risposta è no. La gente che ha i soldi viene a mettersi in mostra. Loro, le loro donne con troppo tutto (troppo trucco, troppo silicone, troppo tacco, troppa puzza sotto il naso), le loro macchine che ci sfameresti per un anno un paese del terzo mondo. E il problema sapete qual'è? Che le persone normali quegli uomini lì li invidiano. Prendete l'universo maschile, quello che viene da Marte. Il 98% di loro gli invidia la macchina (foto qui sotto fatta da mio marito al quale ho dovuto asciugare la bava che gli si era depositata ai lati della bocca), il 2% gli invidia la donna. Se gli chiedete di scegliere tra una Lamborghini e una donna, datemi nome e cognome di quello che si prenderebbe la donna lasciando l'auto. Esseri primordiali, gli uomini. Per quanto riguarda le donne, credo che l'invidia maggiore sia per l'infinita possibilità di acquistare cose che i comuni mortali si vergognano anche solo di guardare.
Mentre camminavo davanti a queste vetrine dove normalità è un orologio di Cartier a 22.800 euro, un abito di Valentino a 13.500 euro, una borsa di Fendi che costa come quanto guadagna in tutto un anno un operaio, mi sono resa conto ancora una volta di quanto apparire conti più dell'essere. A un metro da quella Lamborghini bianca qui sopra c'era una donna anziana con un cartello che diceva "Ho fame, aiutatemi". La follia sta tutta qui, nel fatto che una persona che spende 200.000 euro per un auto e un anziano che ha lavorato per tutta la vita per poi ritrovarsi senza un tetto sulla testa, condividono lo stesso marciapiede nella stessa città. E tra i due poli opposti ci siamo noi, con le nostre borse di Gap con dentro una felpa per nostra figlia che sappiamo già le sarà piccola dopo averla messa sì e no 3 volte, il pacchettino Intimissimi per la nostra fidanzata che andrà certamente a cambiarlo 2 giorni dopo Natale perché come al solito possibile che dopo 5 anni non hai ancora capito che detesto il rosso, la Gift Card che almeno ti compri quello che ti piace.
Ho amato tanto la moda, le firme, erano il mio pane quotidiano. Ho svaligiato Burberry, mi sono fatta regalare un paio di Manolo. Poi c'è stato un momento in cui qualcosa nel mio cervello ha fatto corto circuito. Credo sia stato in concomitanza della prima rata del mutuo di casa, quando mi sono accorta in tutta la sua drammaticità che da quel momento e per i successivi 25 anni avrei dovuto destinare una parte più che considerevole del mio stipendio ad un qualcosa di davvero importante. E così ho iniziato a guardare al mio armadio con occhi nuovi: a quel trench di Burberry costato un rene che avevo messo tipo 3 volte in 7 anni, a quelle scarpe per cui avevo fatto follie e che usavo solo se sapevo che di non dover camminare troppo, tutte le borse costose e bellissime che contenevano giusto 1/4 di tutto quello che dovevo portarmi dietro. Mi sono accorta che quello era il superfluo, potevo vivere lo stesso (ugualmente bene, o male, a seconda del momento) indipendentemente dal possesso o meno di certe cose. Che una borsa è solo un contenitore, sia che costi 1.000 euro da Dior (quella che piaceva a me € 3.342,00 per essere precisi) o € 29,99 da Carpisa. Che le cose veramente importanti sono altre. Ed è quando quelle ti vengono a mancare che capisci che vestita Gucci o CVG non fa differenza.
Soprattutto da quando sono mamma mi sono sempre più resa conto che le cose materiali non mi danno soddisfazione quanto i momenti, le esperienze, le piccole cose che però ti lasciano qualcosa dentro. Iniziare un nuovo libro, preparare dei muffin per un'amica, organizzare una vacanza, mettermi sul divano con Sofia che mi fa da parrucchiera e nel frattempo mi riempie di baci, vedere il sorriso sul volto delle persone che amo. Certo, le cose belle mi piacciono. Ma ho imparato che sono solo quello, COSE. E come tali, per definizione, sostituibili, rinunciabili. Mentre agli occhi di mia figlia, alla mano di mio marito che tiene salda la mia, all'abbraccio di un'amica, alla carezza sui capelli di mia mamma. Questi sono attimi di vita, qualcosa che, dovessero venire a mancare, farebbero soffrire la parte di te più irrazionale, il cuore.
Non ho la pretesa o l'arroganza di insegnare niente a nessuno. Credo che una delle mie qualità sia non riuscire a provare invidia. Proprio non mi appartiene. Se una persona che amo ha qualcosa che io non ho sono sinceramente felice per lei (se io non ce l'ho nella stragrande maggioranza dei casi significa che non mi interessa averla, altrimenti sono una che se vuole una cosa in un modo o nell'altro la ottiene). Se una persona per la quale non provo nulla ha qualcosa che io non ho, semplicemente non mi tocca. Ho imparato in questi 33 anni a capire le cose davvero importanti e a fare di tutto per non perderle. Perché nei confronti di quelle sì, sono gelosa. Anche se ho imparato sulla mia pelle che ci sono cose, come la salute, che non dipendono da te o da quanto tieni ad una persona. Semplicemente accadono delle cose che non possiamo in alcun modo controllare. Che arrivano e cambiano il corso della nostra vita. Ed è qui che ci rendiamo conto che non importa avere una Ferrari o una utilitaria, avere ai piedi delle Hogan o un paio di infradito di Decathlon da € 4,99. Siamo tutti uguali davanti ai drammi della vita.